IL VERBO INCARNATO
CAPITOLO I
Incarnato da Maria Vergine per opera dello Spirito Santo.
SOMMARIO. Incinta per opera dello Spirito santo. Appena credette all’ angelo, la B. V. Maria concepì con la mente prima che con il ventre. Poiché concepì senza l’opera dell’uomo, tutta la Chiesa proclama Cristo nato da Maria Vergine. Questo fatto è ammirabile in quato divino, e la dove la ragione non arriva progredisce la fede: 974-981. In nessun modo possiamo dire che lo Spirito Santo sia il padre dell’ uomo Cristo. Con il detto “L’intelletto vuole la fede” applicato alla realtà, Agostino ora lo applica alla sottile investigazione, e conclude, che anche se Cristo fu concepito dallo Spirito Santo, non si può tuttavia chiamare Suo figlio, poiché non tutto quello che nasce d altro può dirsi figlio suo: 982. Sono due le nascite del Signore, una divina senza madre; l’ altra umana senza padre. Tutte e due ammirabili. Il Verbo nascendo ha voluto onorare ambedue i sessi, e per ciascuno integrare ciò che era stato perduto: 983-985.
974. (Sermo. 215,4). Perciò crediamo in Gesù Cristo nostro Signore nato da Spirito Santo e da Maria Vergine. La Vergine Maria partorì credendo quel che concepì credendo. Infatti quando le fu promesso il figlio, essa domandò come questo sarebbe successo, dato che non conosceva uomo (e naturalmente le era noto quale fosse il solo modo di conoscere e partorire, ossia che l’uomo nasce dall’unione del maschio e della femmina, modo che essa non aveva sperimentato, ma che aveva appreso dalla normale frequentazione delle altre donne). E l’angelo le rispose: Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo; colui dunque che nascerà da te sarà santo e chiamato Figlio di Dio. E dopo che l’angelo ebbe detto così, essa, piena di fede e concependo Cristo prima nel cuore che nel grembo, rispose: Eccomi, sono la serva del Signore; avvenga di me secondo la tua parola 10 . Ossia avvenga la concezione nella vergine senza seme di uomo; nasca da Spirito Santo e da una donna integra colui per il quale integra possa rinascere da Spirito Santo la Chiesa. Il santo che nascerà dalla parte umana della madre senza l’apporto umano del padre si chiami Figlio di Dio; colui che è nato da Dio Padre senza alcuna madre, doveva in modo meraviglioso diventar figlio dell’uomo, e cosi, nato in quella carne, poté uscire piccolo attraverso viscere chiuse, e grande, risuscitato, poté entrare attraverso porte chiuse. Sono cose meravigliose, perché divine; indescrivibili, perché inscrutabili; non è in grado di spiegarlo la bocca dell’uomo, perché non è in grado di esprimerlo il cuore dell’uomo. Maria credette e in lei quel che credette si avverò.
975. (Serm. 225 2,2). È questa l’opera così grande che ha compiuto soprattutto lo Spirito Santo. In quest’opera viene apertamente nominato quando l’angelo annunzia alla santa Vergine, che le nascerà un figlio
976. (Serm. 213, 3). Ed ecco la risposta dell’angelo: Lo Spirito Santo scenderà su di te. Ecco come avverrà quel che chiedi. Su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Perciò il santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio di Dio 7. Disse bene: Stenderà la sua ombra, perché la tua verginità non doveva sentire l’ardore della libidine. E quando era incinta, di lei fu detto: Si trovò che Maria era incinta per opera dello Spirito Santo 8 . È dunque lo Spirito Santo che ha operato la carne di Cristo. E anche lo stesso Figlio unigenito di Dio ha operato la sua propria carne. E questo come lo possiamo provare? Perché la Scrittura afferma: La sapienza si è costruita una casa 9.
977. (Serm 147/A; Denis, 4). Ma il santo Daniele ebbe una visione e lasciò scritto ciò che vide, ed asserì di aver visto una pietra staccarsi da un monte senza intervento di mani. E’ Cristo che viene dalla stirpe dei Giudei;… Che vuol dire: senza intervento di mani? Che la pietra fu staccata senza opera d’uomo, perché non ci fu apporto di uomo per la Vergine affinché Cristo nascesse senza intervento umano.
978. (Enchir. 34). Di questo mediatore sarebbe troppo lungo parlare come merita, ancorché sia impossibile per l’uomo parlarne davvero come merita. Chi potrebbe spiegare con parole adeguate che il Verbo si fece carne ed abitò tra di noi 70, in modo da credere nell’unico Figlio di Dio Padre onnipotente, nato dallo Spirito Santo e da Maria vergine? Cosí infatti il Verbo s’è fatto carne, essendo stata la carne assunta dalla divinità, non la divinità trasformata in carne. Peraltro qui dobbiamo intendere carne come sinonimo di uomo, secondo un’espressione in cui la parte sta per il tutto, come quando è stato detto: Poiché in virtú delle opere della Legge non sarà giustificata nessuna carne 71, cioè nessun uomo. Ed è lecito dire che in quella condizione da Lui assunta non è mancato nulla alla natura umana, una natura, tuttavia, assolutamente libera da ogni vincolo di peccato:… Se con la sua nascita ne fosse stata compromessa l’integrità, non sarebbe piú nato da una vergine e, cosa impensabile, in modo falso tutta la Chiesa confesserebbe che Egli è nato dalla Vergine Maria,
979. (Serm. 189 2). Quel giorno dunque, cioè il Verbo di Dio,… si rivestì di carne e nacque da Maria vergine. Nacque in modo mirabile. Che cosa di più mirabile del parto di una vergine? Concepisce ed è vergine, partorisce e rimane vergine.
980. (Serm. 186 1). Vergine nel concepirlo, vergine nel generarlo, vergine nel portarlo in grembo, vergine dopo averlo partorito, vergine per sempre.
981. (Serm. 190, 2). Chi potrebbe comprendere questa novità assolutamente straordinaria, inusitata, unica al mondo, incredibile ma divenuta credibile e incredibilmente creduta da tutti: che una vergine concepisse, una vergine partorisse e nel partorire rimanesse vergine? Ciò che la ragione umana non trova credibile l’accetta la fede; e dove vien meno la ragione umana lì avanza la fede.
982. (Enchir. c. 38-40). Potremo tuttavia affermare, per questo, che il padre dell’uomo Cristo sia lo Spirito Santo, in modo che Dio Padre abbia generato il Verbo e lo Spirito Santo l’uomo, derivando dall’una e dall’altra sostanza un solo Cristo, figlio di Dio Padre in quanto Verbo e dello Spirito Santo in quanto uomo, per il fatto che lo Spirito lo avrebbe generato dalla madre vergine come se fosse suo padre? Chi oserà affermarlo? Non c’è bisogno di mostrare, continuando la discussione, le altre conseguenze assurde, dal momento che questa stessa tesi è già cosí assurda, che non ci sono credenti in grado di stare ad ascoltarla… Allora come diciamo che Cristo è nato dallo Spirito Santo, se lo Spirito Santo non lo ha generato?… è difficile spiegare come non sia Figlio dello Spirito Santo, ma della Vergine Maria, pur essendo nato dall’uno e dall’altra; indubbiamente non è nato da quello come da un padre, mentre è nato da lei come da una madre…. 39. Non si deve concedere, dunque, che tutto quel che nasce da qualcosa, immediatamente debba esserne proclamato figlio. Prescinderei dal fatto che un figlio nasce da un uomo in modo diverso da un capello, un pidocchio, un lombrico, non avendo niente di tutto questo un figlio; a prescindere da ciò, poiché è oltraggioso il confronto con una realtà tanto grande, sicuramente quanti nascono dall’acqua e dallo Spirito84 nessuno li chiamerà ordinariamente figli dell’acqua, mentre tranquillamente sono chiamati figli di Dio Padre e della madre Chiesa. Cosí insomma dallo Spirito Santo è nato il figlio di Dio Padre, non dello Spirito Santo. In tal senso, quanto abbiamo detto a proposito del capello e di altre cose vale soltanto per mettere in guardia sul fatto che non tutto ciò che nasce da qualcosa può anche dirsi figlio di ciò da cui nasce… 40. Perciò, dal momento che qualcosa può nascere da qualcos’altro anche senza esserne figlio e che, d’altro canto, non chiunque viene detto figlio è nato da quello di cui viene detto figlio, certamente il modo in cui è nato Cristo dallo Spirito Santo, non come figlio, e da Maria Vergine, come figlio, ci introduce nella grazia di Dio, in virtú della quale tale uomo, senza alcun merito antecedente, nell’atto stesso in cui la sua natura ha cominciato ad esistere, s’è congiunto al Verbo di Dio in una tale unità personale, in modo che la medesima persona che era figlio dell’uomo fosse figlio di Dio e viceversa,..
983. (Serm. 190 1-2). Secondo la fede cattolica dobbiamo credere che due sono le nascite del Signore: una divina, l’altra umana; quella al di là del tempo, questa nel tempo. Però tutte e due mirabili: la prima senza necessità di madre, questa senza concorso di padre… Chi oserà dire che il Verbo di Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose 4 , non avrebbe potuto formarsi un corpo anche senza una madre, come ha creato il primo uomo senza un padre e senza una madre? Ma poiché è lui che ha creato ambedue i sessi, quello maschile e quello femminile, nel nascere li volle onorare ambedue, perché è venuto per salvarli ambedue. Ricordate certamente il racconto del peccato del primo uomo; il serpente non osò rivolgersi all’uomo, ma per ingannarlo si servì della donna. Passando attraverso la creatura più debole conquistò anche la più forte, penetrando nel cuore della donna riportò vittoria su ambedue. Perciò, affinché non facessimo ricadere sulla donna, come se fossimo mossi da giusto sdegno, la nostra morte, e affinché non pensassimo che la donna sia stata condannata senza possibilità di salvezza, il Signore, venendo a cercare ciò che era perduto 5 , volle occuparsi, onorandoli, di ambedue i sessi, perché ambedue erano perduti.
984. (C. Faust. Man. XXVI 7). Crediamo dunque che Cristo nacque dalla vergine Maria, perché così è scritto nel Vangelo; crediamo che fu crocifisso e che morì, perché così è scritto nel Vangelo; e che veramente nacque e veramente morì, perché il Vangelo è verità. Perché mai abbia voluto patire tutte quelle cose nella carne assunta dal grembo di una donna, egli solo ne conosce il motivo: se perché ritenne che si dovessero lodare e onorare ambedue i sessi che aveva creato anche in tal modo, assumendo cioè la forma di un uomo e nascendo da una donna, o per qualche altra causa, qualunque essa sia, non potrei affermarlo temerariamente.
985. (De ag. chr. 22,24). A ciò poi si aggiunge un grande mistero, che, poiché per mezzo di una donna la morte era caduta su di noi, per mezzo di una donna la vita risorgesse in noi, in modo che il diavolo vinto fosse sconfitto riguardo all’una e all’altra natura, cioè femminile e maschile, poiché esso (il diavolo) si rallegrava della rovina di entrambi i sessi.
CAPITOLO II
Il Verbo assunse ciò che non era.
SOMMARIO. E il Verbo si fece carne. Assunse ciò che non era, non diminuì quello che era: 986-988. Dimostra contro i Doceti che il corpo di Cristo era reale, non fantastico. Lo dimostra con la verità narrata da S. Matteo che il titolo di Figlio dell’ uomo di Cristo gli proviene dalla generazione secondo la carne: 989-991. Contro gli Apollinaristi mostra come Cristo non ebbe solo il corpo, ma anche l’anima. Siccome dalle funzioni del corpo si constata che ebbe un vero corpo, così di deduce che dalle funzioni dell’ anima ebbe l’ anima. L’ anima razionale è come il legame mediante il quale Il Verbo è diventato partecipe della carne. Ha assunto tutto l’ uomo, e tutto lo ha liberato: 992-999. Sull’ origine dell’ anima di Cristo, Agostino non crede affatto che l’ avesse “ex traduce” se il modo di tale origine trascina con se il peccato originale: 1000. Assunse le debolezze della carne, liberate dal peccato. La sua carne era passibile e mortale, perché vera carne. Non ebbe nessun peccato perché fu concepito in modo verginale e non per concupiscenza. Pertanto venne non in similitudine della carne, ma della carne del peccato: 1001-1007.
986. (De Trin. II 6,11). Una cosa infatti è il Verbo nella carne, ed altra cosa il Verbo fatto carne. Cioè una cosa è il Verbo nell’uomo, un’altra il Verbo uomo. Infatti carne è sinonimo di “uomo” nell’affermazione: il Verbo si è fatto carne 70, come nell’altra: E vedrà ogni carne ugualmente la salvezza di Dio 71. Non si tratta di carne senza anima o senza spirito, ma ogni carne significa “ogni uomo”.
987. (Serm. 187 4). Si è fatto uomo pur rimanendo Dio, perché anche come figlio dell’uomo potesse essere giustamente detto: Dio con noi;
988. (Serm. 213 3). E così si è rivestito di carne il Cristo Signore, così si è fatto uomo colui che ha fatto l’uomo; ha assunto ciò che non era ma non ha smesso ciò che era. Il Verbo infatti si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi 9. Non nel senso che il Verbo si sia trasformato in carne ma, rimanendo Verbo e assumendo la carne, pur sempre invisibile, si è reso visibile quando ha voluto, e venne ad abitare in mezzo a noi. Qual è la portata di in mezzo a noi? In mezzo agli uomini, è diventato per numero uno degli uomini, uno e l’unico.
989. (De div. quaest. 83 q. 14). Se il corpo di Cristo fosse stato un’apparenza, Cristo ci avrebbe ingannato e, se ci avesse ingannato, egli non sarebbe la verità. Ora Cristo è la verità. Il suo corpo quindi non fu un’apparenza.
990.( Serm. 75 7,8). Ma ai pericoli delle tempeste si aggiungono anche gli errori degli eretici; non mancano infatti alcuni che tentano lo spirito di quanti sono nella barca dicendo che Cristo non nacque dalla Vergine e non aveva un vero corpo, ma agli occhi apparve solo ciò che in realtà non era. Queste opinioni degli eretici sono nate adesso, quando il nome di Cristo è glorificato tra tutti i popoli, quando cioè Cristo ormai cammina per così dire sopra il mare. I discepoli, messi alla prova, dissero: È un fantasma! 13. Ma egli con la sua parola ci conferma contro questi funesti individui, dicendoci: Rassicuratevi: sono io! Non abbiate paura! 14. In effetti gli uomini hanno concepito tali errori a proposito di Cristo a causa d’un vano timore considerando la sua gloria e la sua maestà, e non riescono a immaginare che sia potuto nascere come vero uomo Colui che ha meritato d’essere glorificato in modo tanto sublime, e si sono spaventati al vederlo, per così dire, camminare sul mare. Questo fatto è simbolo della suprema gloria; e per questo i discepoli credevano che fosse un fantasma. Ma quando egli afferma: Sono io, che cos’altro afferma se non che in lui non esiste una realtà fantomatica? Se pertanto mostra la carne, è vera carne- se mostra le ossa, son vere ossa; se mostra le cicatrici, son vere cicatrici. Poiché non c’era in lui il “Sì” e il “No”, ma in lui c’era solo il “Sì” 15, come afferma l’Apostolo. Dal suo corpo uscì quella voce: Rassicuratevi, sono io! Non abbiate paura! Vale a dire: “Non vi spaventate della mia altissima dignità al punto di volermi spogliare della mia realtà. Anche se cammino sul mare, anche se calpesto sotto i miei piedi l’alterigia e l’orgoglio del mondo come le rabbiose procelle, tuttavia mi son mostrato vero uomo,”e il mio Vangelo afferma la verità sul mio conto quando dice che sono nato dalla Vergine, che io, il Verbo di Dio, sono diventato carne, che ho affermato la verità, quando ho detto: Toccatemi e osservate: un fantasma non ha carne ed ossa come vedete che ho io 16, che le mani del discepolo che dubitava toccarono i segni veri delle mie ferite. Perciò: Sono io; non abbiate paura!”.
991. (De cons. ev. II 1,2). L’evangelista Matteo comincia con queste parole: Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo 1. Iniziando in tal modo il suo libro mostra con sufficiente chiarezza che egli si propone di narrare l’origine di Cristo secondo la carne, per la quale appunto Cristo è Figlio dell’uomo 2. Così infatti egli denomina spessissimo se stesso, inculcandoci ciò che misericordiosamente s’è degnato diventare per noi…. Matteo dunque espone la generazione umana di Cristo, e ne ricorda gli avi cominciando da Abramo e giungendo a Giuseppe, lo sposo di Maria dalla quale nacque Gesù. Non gli era consentito, al riguardo, supporre Giuseppe mancante del vincolo sponsale che lo legava a Maria per il fatto che costei generò Cristo non da un rapporto fisico con lui ma rimanendo vergine.
992. ( De ag. chr. 21,23). Meno ancora sono da ascoltare coloro che dicono che il solo corpo umano è stato assunto dal Verbo di Dio e così interpretano ciò che fu detto: E il Verbo si fece carne 55, così che dicono che quell’uomo non ha avuto o l’anima o alcunché di umano se non la sola carne. Errano molto, né intendono che è stata nominata la sola carne proprio in ciò che è stato detto: Il Verbo si fece carne, perché agli occhi degli uomini, per i quali è avvenuta tale assunzione, poté apparire la sola carne. Infatti, se è assurdo e particolarmente indegno che quell’uomo non abbia avuto uno spirito umano come prima abbiamo dimostrato, quanto più assurdo e indegno che egli non abbia avuto né spirito né anima ed abbia avuto soltanto ciò che anche nelle bestie è più vile e più basso, cioè il corpo. Dalla nostra fede dunque si escluda questa empietà, e crediamo che l’uomo intero e perfetto sia stato assunto dal Verbo di Dio.
993. (En in Ps. 29 s. 3). Non sono mancati anche certi altri succubi dello stesso errore, i quali non solo hanno detto che quell’uomo,… ma che non vi era in Lui anima umana né mente umana. Questo hanno detto. Che cosa era dunque? Verbo e carne. Anche questi la Chiesa ha respinto, li ha espulsi dal gregge e dalla fede semplice e verace; ed è stato confermato, come ho già detto, che quell’uomo Mediatore aveva tutto quanto ha l’uomo, all’infuori del peccato. Se infatti ha compiuto molte cose che sono proprie del corpo, da ciò comprendiamo che ha avuto un corpo non fittizio, ma reale. Guarda dunque come noi possiamo comprendere che egli ha avuto un corpo: Egli ha camminato, si è seduto, ha dormito, è stato catturato, flagellato, schiaffeggiato, crocifisso ed infine è morto. Togli il corpo e niente di tutto questo sarebbe potuto accadere. Per questi indizi dunque riconosciamo nel Vangelo che egli ha avuto un vero corpo,… così da alcune altre operazioni naturali comprendiamo che ha avuto l’anima. Avere fame, avere sete, sono tutte cose dell’anima; togli l’anima e il corpo esanime non potrà sentirle. Se costoro dicono che queste cose erano false, false saranno anche quelle che crediamo riguardo al corpo; ma se reale è il corpo perché reali sono le sue operazioni, reale sarà anche l’anima, perché reali sono le sue funzioni.
994. (De div. quaest. 83 q. 80,3). . Come dunque questi fatti attestano che egli aveva un corpo, così quei sentimenti mostrano che egli aveva un’anima: è impossibile provare sentimenti senza l’anima… Gesù si è meravigliato 399, adirato 400, rattristato 401, rallegrato 402 e così via a non finire.
995. (Ep. 187 2,4). A proposito di ciò ti domando o meglio comprendo come tu concepisci l’umanità di Cristo: non certo come alcuni eretici i quali credono ch’egli sia il Verbo di Dio e un corpo, cioè privo dell’anima umana, in modo che il Verbo fungerebbe da anima per quel corpo, oppure lo concepiscono come il Verbo di Dio e un’anima ed un corpo, ma privo dell’intelligenza umana in modo che il Verbo di Dio sarebbe al posto dell’intelligenza umana di quell’anima…. Col termine ” perfetto uomo ” tu vuoi intendere di certo ch’egli possiede la natura umana completa. Uno insomma non sarebbe perfetto uomo se al corpo mancasse l’anima o all’anima l’intelligenza umana.
996. (De ag. chr. 19, 21). Non dobbiamo ascoltare coloro che… osano dire che l’uomo stesso, assunto nel tempo, non aveva la mente di uomo, ma solamente l’anima e il corpo. Come se dicessero: non fu uomo ma aveva le membra di corpo umano. Anche le bestie hanno l’anima e il corpo, ma non hanno la ragione, che è propria della mente. Se pertanto bisogna riprovare coloro che negano che egli abbia avuto un corpo umano, la qual cosa nell’uomo è parte secondaria, mi meraviglio che costoro non arrossiscano quando negano che Cristo abbia avuto quello che nell’uomo è il massimo. Molto è da deplorare la mente umana, se è vinta dal suo corpo, se poi in quell’uomo la mente umana non è stata resa alla forma primiera, in lui il corpo stesso umano ha ricevuto già la dignità della forma celeste. Ma sia lontano da noi credere ciò che la temeraria cecità e la superba loquacità ha immaginato.
997. (Serm Denis 5,7). Badate di non sottrarre nulla all’anima di Cristo. Gli eretici apollinaristi hanno detto che quell’anima non aveva mente, cioè intelligenza, ma che il Verbo gli stava in luogo di mente e di intelligenza. Questo disse Apollinare. Gli ariani poi dicono: ” Non aveva nessun tipo di anima “. Voi invece ritenete per certo, fedelmente, che il Cristo completo è proprio anima e carne e Verbo. E quando sentite che ha detto: L’anima mia è triste, intendete un’anima umana, non di bestia; l’anima dell’animale è un’anima senza intelletto, non un’anima umana. Se non fosse venuto a liberare le anime, se ne dedurrebbe che non aveva anima. Dunque, un solo Cristo: Verbo e anima e carne. Che cosa è l’uomo? L’uomo è anima e carne. Che cos’è il Cristo? E` Verbo e uomo, e perciò Verbo e anima e carne: il Cristo unico. Quando colpisci a pugni un uomo, di lui che cosa colpisci? L’anima o la carne? Devi ammettere che colpisci la carne. E tuttavia è la sua anima che protesta e grida: ” Perché mi percuoti? Perché mi colpisci? “. E se tu dicessi all’anima: ” Chi ti tocca? Io ferisco la carne, non te “, chiunque ti udisse dire così non si metterebbe forse a ridere, non ti giudicherebbe o stolto o matto? Così dunque anche quelli che hanno flagellato la carne o colpito con gli schiaffi la carne del Figlio di Dio, non possono dire: ” Noi abbiamo flagellato o schiaffeggiato la carne di Cristo non la sua anima o il Verbo “. Essi in realtà hanno flagellato, colpito con schiaffi il Cristo completo: Verbo e anima e carne. Non bastonarono o schiaffeggiarono un corpo morto.
998. (Ep. 140 4,12). E così noi, mutevoli, diventiamo partecipi del Verbo cambiando in meglio, mentre il Verbo, immutabile, senz’affatto mutare in peggio, divenne partecipe della carne mediante l’anima razionale. Poiché non è vero, come credono gli Apollinaristi, che Cristo come uomo non ebbe anima, e non l’ebbe razionale; ma la Sacra Scrittura, secondo la sua abitudine, usò il termine ” carne ” invece di ” uomo ” per far risaltare meglio l’umiltà di Cristo e per non dare l’impressione di respingere come indegno il termine ” carne “. In verità per il fatto che sta scritto: Ogni carne vedrà la salvezza mandata da Dio 22, non è detto che in questo passo non si devono intendere le anime. Ora l’Evangelista dicendo: Il Verbo si fece carne 23, non disse nient’altro di diverso che: il Figlio di Dio si fece figlio dell’uomo.
999. (Serm. 237 4). Egli che aveva creato tutto, ha tutto redento: il Verbo prese tutto l’uomo, ha liberato tutto l’uomo. Aveva quindi dell’uomo la mente e il suo intelletto, aveva l’anima che fa vivere la carne, una carne vera e completa. Da lui fu assente solo il peccato.
1000. (Ep. 164 7,19). Se infatti le anime di tutti gli uomini derivano dall’unica che fu infusa da Dio nel primo uomo, per colpa del quale il peccato entrò nel mondo e per mezzo del peccato la morte… o l’anima di Cristo non deriva da quella poiché non ebbe assolutamente alcun peccato, né originale né personale,… Non è, d’altronde, illogico pensare che colui, il quale creò l’anima per il primo uomo, ne creasse una anche per se stesso. e che nell’assumerla la purificasse al fine di nascere dalla Vergine e venire a noi assolutamente privo d’alcun peccato commesso o ereditato. il Figlio di Dio creò per sé la propria anima come la crea per. tutti gli altri, senza però mescolarla alla carne del peccato, ma soltanto simile a quella del peccato 37. Egli infatti prese bensì dalla Vergine la vera sostanza della carne, ma non la carne del peccato, poiché fu procreata o concepita senza concupiscenza carnale: carne certamente mortale e mutevole attraverso le età, assai simile alla carne del peccato, ma senza peccato.
1001. (C. Iul. o.i. IV 47). Chiunque crede che il Cristo non abbia avuto i sensi del corpo e sia stato impassibile, sia anatema.
1002. (De pecc. mr. et rem. II 29,48). Tuttavia Gesù, poiché in lui c’era la somiglianza della carne del peccato, volle soffrire le mutazioni delle età cominciando dalla stessa infanzia e sembra che avrebbe potuto quella sua carne raggiungere anche la morte per vecchiaia, se non fosse stato ucciso da giovane. Ecco però la differenza: nella carne del peccato la morte è pagata per debito di disobbedienza, invece nella carne somigliante a quella del peccato la morte è stata accolta per volontà d’obbedienza.
1003. (C. Iul. V 15,54). Per quanto riguarda la trasmissione del peccato originale a tutti gli uomini, siccome si trasmette per la concupiscenza della carne, non ha potuto essere trasmesso alla carne che la Vergine ha concepito non per mezzo di essa.
1004. (In Io. ev. tr. 4,10). mi ha nutrito nel seno (Sal 50, 7). Dunque, solo lui era l’Agnello, perché non è venuto al mondo così. Egli non è stato concepito nell’iniquità, perché non è stato concepito secondo le leggi della natura mortale; né si può dire che nei peccati lo abbia allevato sua madre, che vergine lo concepì, vergine lo partorì; perché lo concepì mediante la fede, e mediante la fede lo ebbe… Non v’è in lui l’eredità del peccato di Adamo; da Adamo ha assunto solamente la carne, non il peccato.
1005. (C. Faust. XVI 15). Cristo non è simile all’uomo perché Dio;… E Cristo è simile all’uomo perché uomo;… Cristo non è simile al peccatore perché sempre santo; e Cristo è simile al peccatore perché Dio mandò suo Figlio in una carne simile a quella del peccato… Cristo non è simile ad un uomo nato da un’unione, in quanto nacque da una vergine; ma è simile ad un uomo nato in quanto anch’egli nacque da una donna,.. All’uomo morto per il suo peccato Cristo non è simile, in quanto morì senza peccato e per suo proprio potere; ed ancora Cristo è simile ad un uomo morto in quanto anch’egli morì di una vera morte del corpo.
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1006. (Serm. 361 17,17). La condizione di mortalità è derivata per tutti gli uomini dal peccato, mentre nel Signore essa è derivata dalla sua misericordia; ma anche la sua fu vera mortalità, non solo apparenza, come fu vera carne, veramente mortale anche la sua, una carne simile alla carne del peccato 39. Non è detta simile alla carne, perché è vera carne, ma simile alla carne del peccato, perché non è carne del peccato.
1007. (Serm.375/C; Mai7). nato dallo Spirito Santo e da Maria Vergine 25. E` nato da madre senza padre quaggiù sulla terra Colui che è nato su in alto dal Padre prima dei tempi, senza madre, lui che avrebbe creato lo scorrere del tempo. Generato da carne vera, ora rimarrà in carne vera sino alla fine dei tempi. La sua carne peraltro, che aveva somiglianza con la carne del peccato, carne di peccato non era. Donde questa somiglianza? Perché era carne mortale. E in virtù di che cosa non era carne di peccato? Perché era venuta attraverso la fede della Vergine. E così la stessa carne di Cristo crebbe, giunse ad età giovanile. In essa Cristo ebbe fame e sete, mangiò, bevve, si stancò, riposò, dormì; nella carne tutte queste cose: in peccato mai. In essa soffrì e si manifestò uomo il Dio nascosto, che cercava l’uomo nell’uomo, che cercava l’uomo perduto attraverso quello accolto; in favore dell’uomo in essa soffrì cose indegne da parte degli uomini. Era carne vera quell’uomo che fu preso dai Giudei, quello che mangiò la Pasqua con i suoi discepoli. Carne vera schiaffeggiarono i Giudei, a carne vera i Giudei posero le spine, affissero in croce carne vera gli increduli. Senza fede, i miserabili trafissero con lancia la sua carne mentre lo spirito se ne andava; carne vera deposero dalla croce i discepoli e posero nel sepolcro. La Verità risuscitò carne vera. La Verità mostrò ai discepoli carne vera dopo la risurrezione. La Verità mostrò cicatrici di carne vera alle mani che lo palpavano. Arrossisca dunque la falsità, poiché ha vinto la Verità.
CAPITOLO III
Il Verbo assunse quello che non era, non perdette quello che era.
SOMMARIO. Con una maestà non mutabile assunse la nostra natura mutabile. Annichilì se stesso assumendo quello che non era, non perdendo quello che era: 1008-1012. Agostino argomenta pro la divinità di Cristo per testimonianza di Cristo stesso. Cristo è tanto uguale al Padre da essere generato da lui. Dal Padre ha che possa, perché dal Padre ha quello che è. Il proprio del Signore è l’ uguaglianza del Padre, per cui dice: Io e il Padre siamo una cosa sola. Non per rapina, ma per natura era uguale a Dio: 1013-1017. Quelli che negano l’ uguaglianza (Ariani) o la somiglianza (Eunomiani) al Padre, negano Cristo. Per questo chiamano noi con l’ insulto del nuovo nome homousiani: 1018-1019. L’ interpretazione Nestoriana non può essere data alle parole di Agostino, quasi che Cristo fosse degno di essere chiamato Figlio di Dio per l’ inabitazione di Dio in lui per grazia. Delle altre anime spirituali si può dire che abbiano in se stesse il Verbo di Dio e che ciò ricevessero come beneficio della sapienza; Cristo in verità porta la stessa persona della sapienza di Dio. Nè l’Adozianismo si può rifugiare in S. Agostino. Cristo è figlio naturale di Dio, non adottato. I ministri sono figli adottati dell’ Unico figlio. L’ unico figlio ha la potestà, gli adottati il ministero: 1020-1025.
1008. (De ag. chr. 10,11). Il Figlio di Dio perciò si è degnato di assumere la nostra debolezza: E il Verbo si fece carne e abitò fra noi43. Non perché quell’eternità si sia cambiata, ma perché ha mostrato agli occhi mutabili degli uomini la creatura mutabile che Egli assunse con immutabile maestà.
1009. (Ep. 169 2,7). Soltanto l’umanità, per redimere la quale si compivano tutte quelle manifestazioni simboliche, si uni, per un mirabile e singolare privilegio, nell’unità della persona del Verbo di Dio,. L’uomo dunque si uni al Verbo ma il Verbo non si trasformò in uomo…
1010. (De civ. Dei XXI 15). il Signore conosce i suoi 62; e: Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio sono figli di Dio 63,ma per grazia non per natura. L’unico Figlio di Dio per natura è divenuto per noi Figlio dell’uomo nella misericordia affinché noi, figli dell’uomo per natura, con la mediazione, diventassimo per grazia figli di Dio. Rimanendo immutabile assunse da noi la nostra natura per assumerci in essa e conservando la propria natura si rese partecipe della nostra debolezza.
1011. (Serm. 92,2). In che modo si spogliò? Prendendo la natura che non aveva, senza perdere quella che aveva. Si spogliò, si umiliò. Pur essendo Dio, apparve come uomo.
1012. (Serm. 291,2). Il Verbo si fece carne 5 : tuttavia il Verbo non si cambiò in carne. Il Verbo si fece carne assumendo ciò che non era, non perdendo ciò che era.
1013. In Io. ev. tr. 20,4). Abbiamo appena sentito nel Vangelo la risposta di Cristo ai Giudei, furibondi perché non solo violava il sabato, ma chiamava Dio suo proprio Padre facendosi uguale a Dio.. In risposta a tale loro assurda indignazione, il Figlio di Dio, che era la verità, disse: In verità, in verità vi dico: il Figlio da sé non può far nulla, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre (Gv 5, 18-19). Come a dire: Vi siete scandalizzati perché ho detto che Dio è mio Padre e perché mi faccio uguale a Dio? Sono così uguale che lui mi ha generato; sono così uguale che non è lui da me, ma io da lui. Questo infatti è il senso delle parole: Il Figlio non può far nulla da sé, ma soltanto ciò che vede fare dal Padre. Cioè, è dal Padre che il Figlio riceve il potere di fare ciò che fa. Perché riceve il potere dal Padre? Perché è dal Padre che riceve il suo essere Figlio. E perché riceve il suo essere Figlio dal Padre? Perché dal Padre riceve l’essere e dal Padre riceve il potere: nel Figlio infatti l’essere e il potere si identificano.
1014. (ib. tr. 48,10). Noi al più possiamo dire che siamo in Dio e che Dio è in noi, ma non possiamo dire: io e Dio siamo una cosa sola…. Riconosci ciò che è proprio del Signore e ciò che è dono concesso al servo: proprio del Signore è la sua uguaglianza col Padre, dono concesso al servo è la partecipazione alla vita del Salvatore.
1015. (ib. tr. 48,8). Vedete come i Giudei hanno compreso ciò che non intendono gli ariani? Essi si infuriarono appunto perché si resero conto che non si potrebbe dire Io e il Padre siamo una cosa sola, se il Padre e il Figlio non fossero uguali.
1016. (Serm. 183 4,5). Cerchiamo infatti il Figlio per natura, non per grazia; il Figlio unico, l’Unigenito, non il figlio per adozione. Tale cerchiamo il Figlio, cerchiamo il Figlio così autenticamente Figlio, che, pur essendo di natura divina, sono parole dell’Apostolo, le ricordo per gli sprovveduti perché non siano ritenute parole mie; cerchiamo quel Figlio il quale, pur essendo di natura divina, come dice l’Apostolo, non considerò una rapina essere uguale a Dio 9. Non per rapina, ma per natura. Non era rapina, era natura. Non considerò una rapina essere uguale a Dio. Per lui non era rapina, era natura; così era dall’eternità, così era il coeterno al genitore, così era l’uguale al Padre, così era. Spogliò se stesso perché riconosciamo che Gesù Cristo è venuto nella carne. Spogliò se stesso. Come? Perdendo ciò che era, o assumendo ciò che non era? Prosegua l’Apostolo; ascoltiamo: Spogliò se stesso assumendo la condizione di servo 10. Così si spogliò, assumendo la condizione di servo: senza perdere la natura divina. Si appose la condizione di servo, non si separò la natura di Dio. Questo è riconoscere che Cristo è venuto nella carne. Ma l’Ariano che non riconosce l’Uguale, non riconosce il Figlio. Se non riconosce il Figlio, non riconosce il Cristo.
1017. (Enchir. 35). In effetti, nonostante la sua condizione divina, non considerò un’usurpazione ciò che era per natura, vale a dire la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo 76, senza perdere o diminuire la condizione divina. Perciò si è fatto inferiore ed è rimasto uguale, unico ad essere l’uno e l’altro, come si è detto, ma l’uno in quanto Verbo, l’altro in quanto uomo: in quanto Verbo uguale, in quanto uomo inferiore;
1018. (Serm. 183 5,6). Così anche il seguace di Eunomio, suo pari e suo compagno, non si distingue molto. Si dice infatti che gli Ariani abbiano almeno riconosciuto che il Figlio è simile al Padre; anche se non uguale, almeno lo dissero simile. L’Eunomiano, neppure simile. Dunque nega Cristo anche costui. Poiché se il vero Cristo è uguale e simile al Padre, certamente chi non riconosce l’uguaglianza, nega Cristo; chi non riconosce la somiglianza, nega Cristo. Pertanto chi nega l’uguaglianza e la somiglianza, non riconosce che Cristo è venuto nella carne. Quindi domando: Cristo è venuto nella carne? Risponde: E’ venuto. E pensiamo che lo riconosce. Domando: Quale Cristo è venuto nella carne? Colui che è uguale al Padre, o colui che non gli è uguale? Risponde: Chi non gli è uguale. Ne segue che tu dici venuto nella carne chi non è uguale al Padre; tu non riconosci che Cristo è venuto nella carne, perché Cristo è uguale al Padre.
1019. (C. Serm. Arian. 36,34). Guardiamoci, poi, dal dire che per umiltà, non per verità, il Figlio ha parlato così in qualche circostanza per stare sottomesso al Padre e provare, in questo modo, che egli è maggiore. Certamente, sappiamo che nel Figlio la forma di servo non è finta o simulata, ma vera; così, per la sua condizione umana e perché egli procede dal Padre, non il Padre è Dio che procede dal Figlio, fa tutte quelle affermazioni da cui costoro traggono l’occasione di credere e predicare che la natura del Padre e del Figlio è diversa. E mentre si immergono in questa così grande voragine di empietà, ci chiamano homousiani, come se un nuovo nome fosse un oltraggio.
1020. (De ag. chr. 17,19). Credendo nell’immutabile Trinità noi crediamo anche alla sua economia temporale per la salvezza del genere umano. Non ascoltiamo coloro che dicono che il Figlio di Dio, Gesù Cristo altro non è che un uomo, sebbene così giusto da essere degno di essere chiamato Figlio di Dio. E infatti la dottrina cattolica li ha cacciati fuori, poiché ingannati dalla brama di vana gloria vollero disputare contenziosamente, prima di capire cosa sia la Virtù di Dio e la Sapienza di Dio 48 e che in principio esisteva il Verbo, per cui sono state fatte tutte le cose e in che modo il Verbo si è fatto carne e ha abitato tra noi 49.
1021. (ib. 20,22). Non dobbiamo dare ascolto a coloro che affermano che da quella eterna Sapienza è stato assunto l’uomo, che è nato da una vergine, allo stesso modo come anche da essa diventano sapienti altri uomini, che sono perfettamente saggi… Altro è divenire sapiente solamente per la Sapienza di Dio ed altro è portare la Persona stessa della Sapienza di Dio… Sapienza doveva mostrarsi agli uomini, così conveniva che quella si mostrasse in maniera visibile. Perciò altra è la sapienza del resto degli uomini, quali che siano, o poterono essere, o lo potranno; e altro quell’unico Mediatore di Dio e degli uomini l’uomo Cristo Gesù, che della stessa Sapienza per la quale divengono sapienti tutti gli altri uomini, non solo ha il beneficio, ma porta anche la persona. Degli altri spiriti sapienti e spirituali rettamente si può dire che abbiano in sé il Verbo di Dio per il quale tutte le cose sono state create. Ma in nessuno di essi rettamente si può dire che il Verbo si è fatto carne ed ha abitato fra noi, cosa che molto rettamente si dice solo del Signore nostro Gesù Cristo.
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1022. (In Io. ev. tr. 7,4). Giovanni rese testimonianza, perché vide. Quale testimonianza rese? Che lui è il Figlio di Dio (Gv 1, 34). Era necessario che a battezzare fosse colui che è il Figlio di Dio unico, non adottivo. I figli adottivi sono i ministri del Figlio unico; l’Unico ha la potestà, gli adottivi il ministero.
1023. (Enchir. 35). unico Figlio di Dio, che è anche figlio dell’uomo; unico figlio dell’uomo, che è anche Figlio di Dio: non Dio e uomo, come due figli di Dio, ma un unico Figlio di Dio; Dio senza origine, uomo da un’origine definita, il Signore nostro Gesú Cristo.
1024. (Serm. 213,2). Unico Figlio, vuol dire uguale al Padre; unico Figlio vuol dire della stessa sostanza del Padre; unico Figlio vuol dire della stessa onnipotenza del Padre; unico Figlio vuol dire coeterno col Padre. Questo lo è in se stesso, per se stesso e presso il Padre.Ed in Gesù Cristo. Credo, tu dici, in Dio Padre onnipotente, e in Gesù Cristo suo unico Figlio, nostro Signore.
1025. (C. Sec. Man. 2,5). Ma la fede cattolica, che distingue tra Creatore e creatura, non ha alcuna difficoltà nel comprendere questi due termini, accogliendo unigenito secondo ciò che è scritto: In principio c’era il Verbo, ed il Verbo era in Dio, e Dio era il Verbo 11, primogenito di tutte le creature secondo quanto dice l”Apostolo: Così è primogenito di molti fratelli 12, che il padre generò per una fraterna società, non della stessa sostanza, ma per adozione di grazia.
CAPITOLO IV
Il Mediatore nell’ unità della sua persona congiunse entrambe le nature.
SOMMARIO. Cristo vero Dio e vero uomo. In Cristo due sono le nature o sostanze, ma una è la persona. Il figlio dell’ uomo congiungendosi al figlio di Dio è diventato una sola persona. Il Mediatore nell’ unità della sua persona ha congiunto entrambe le nature. L’ unità di questa persona è tale che il Figlio di Dio è anche figlio dell’uomo. Agostino illustra l’ unione ipostatica con l’unione dell’ anima e del corpo. L’ uomo si congiunge a Dio e diventa una persona; totalmente Dio e totalmente uomo: 1026-1034. La sua natura umana non preesiste all’ assunzione dal Verbo, ma è creata con la stessa assunzione. Con quali parole viene espressa almeno la simultaneità dell’ assunzione e della creazione. Pertanto Agostino, stabilendo la gratuità dell’ unione, spesso asserisce che la persona umana non è mai esistita, tanto meno che abbia potuto meritare (l’unione). L’ uomo (Cristo) mai fu uomo senza essere (anche) Unigenito Figlio di Dio, in quanto Verbo unigenito: 1035-1040. Dall’ unione delle due nature in una persona segue la comunanza del linguaggio. per cui giustamente si attribuiscono ad essa le proprietà delle due nature: 1041-1042.
1026. (Serm. Guelf. 1,3). Ed in Gesù Cristo. Credo, tu dici, in Dio Padre onnipotente, e in Gesù Cristo suo unico Figlio, nostro Signore. Unico Figlio, vuol dire uguale al Padre; unico Figlio vuol dire della stessa sostanza del Padre; unico Figlio vuol dire della stessa onnipotenza del Padre; unico Figlio vuol dire coeterno col Padre. Questo lo è in se stesso, per se stesso e presso il Padre. E per noi? A nostro vantaggio? Il quale nacque da Spirito Santo e da Maria Vergine. Ecco da dove viene, chi e a chi. Dalla Vergine Maria, nella quale ha operato lo Spirito Santo, e non un uomo marito: pur casta, egli la fecondò e la conservò intatta. E così si è rivestito di carne il Cristo Signore, così si è fatto uomo colui che ha fatto l’uomo; ha assunto ciò che non era ma non ha smesso ciò che era. Il Verbo infatti si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi 9. Non nel senso che il Verbo si sia trasformato in carne ma, rimanendo Verbo e assumendo la carne, pur sempre invisibile, si è reso visibile quando ha voluto, e venne ad abitare in mezzo a noi. Qual è la portata di in mezzo a noi? In mezzo agli uomini, è diventato per numero uno degli uomini, uno e l’unico. L’unico per il Padre. E per noi? Anche per noi l’unico Salvatore, perché nessuno ci può salvare all’infuori di lui, per noi l’unico Redentore, perché nessuno ci può redimere all’infuori di lui: non con oro, non con argento, ma col proprio sangue.
1027. (Serm. 130, 3). E’ uomo e Dio: un solo Cristo è uomo e Dio; con un solo uomo l’anima e il corpo; ma non due persone, Dio e uomo. In Cristo sono certamente due le nature, quella di Dio e quella dell’uomo, ma unica la Persona, così che sussista la Trinità e non risulti una quaternità, in seguito all’Incarnazione.
1028. (Ep. 169 2,8). Bisogna dunque vedere in qual senso si prendono i termini quando si parla del Figlio di Dio. Il numero delle persone non aumentò di certo con l’incarnazione del Verbo ma la Trinità rimase identica. Mi spiego: come in un uomo qualunque, eccettuato quell’unico il quale fu elevato in modo singolare all’unione col Verbo, l’anima e il corpo formano un’unica persona, così in Cristo il Verbo e l’Uomo sono un’unica persona.
1029. (In Io. ev. tr. 19,15). Ma colui stesso che è Figlio dell’uomo, è anche Figlio di Dio. Essendosi unito nell’unità della persona il figlio dell’uomo al Figlio di Dio, si ha una sola persona, che è essa stessa Figlio di Dio e figlio dell’uomo. Che cosa abbia e perché, è da precisare. Il figlio dell’uomo possiede un’anima e un corpo. Il Figlio di Dio,… possiede l’uomo, come l’anima possiede il corpo. Come l’anima, unita al corpo, non forma due persone ma un solo uomo; così il Verbo, unito all’uomo, non forma due persone ma un solo Cristo.
1030. (In Io. ev. tr. 47,12). Ora, se la carne diede l’anima, in che senso la diede Cristo? Non è forse Cristo la carne? Certamente: la carne è Cristo, l’anima è Cristo, il Verbo è Cristo; e tuttavia queste tre cose non sono tre Cristi, ma un solo Cristo. Considera l’uomo, e, partendo da te, sali gradatamente a ciò che sta sopra di te, se non ancora per comprenderlo, almeno per crederlo. Allo stesso modo, infatti, che l’anima e il corpo sono un solo uomo, così il Verbo e l’uomo sono un solo Cristo.
1031. (Enchir. 35). Perciò Gesú Cristo, Figlio di Dio, è Dio e uomo: Dio prima di tutti i secoli, uomo nel nostro secolo; è Dio in quanto Verbo di Dio (e il Verbo era Dio 72), uomo in quanto nell’unità della persona al Verbo si sono aggiunte l’anima razionale e la carne. Di conseguenza, in quanto è Dio, Egli e il Padre sono una cosa sola 73; in quanto poi è uomo, il Padre è maggiore di Lui 74. Essendo infatti unico Figlio di Dio, non per grazia, ma per natura, è divenuto anche figlio dell’uomo, per essere ugualmente pieno di grazia 75: e sempre Lui è l’uno e l’altro, dall’uno e dall’altro unico Cristo. In effetti, nonostante la sua condizione divina, non considerò un’usurpazione ciò che era per natura, vale a dire la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo 76, senza perdere o diminuire la condizione divina. Perciò si è fatto inferiore ed è rimasto uguale, unico ad essere l’uno e l’altro, come si è detto, ma l’uno in quanto Verbo, l’altro in quanto uomo: in quanto Verbo uguale, in quanto uomo inferiore; unico Figlio di Dio, che è anche figlio dell’uomo; unico figlio dell’uomo, che è anche Figlio di Dio: non Dio e uomo, come due figli di Dio, ma un unico Figlio di Dio; Dio senza origine, uomo da un’origine definita, il Signore nostro Gesú Cristo.
1032. (Ep. 137 3,9). Ora invece è vero il contrario, che tra Dio e gli uomini Cristo apparve come Mediatore affinché, unendo in un’unica persona entrambe le nature, sublimasse l’umile natura umana con la sua natura straordinaria e temperasse la sua sublimità con l’umana caducità.
1033. (C. Max. I 19). Cristo,. rimanendo invisibile nella forma di Dio, ha assunto nell’unità della sua persona la forma di uomo visibile.
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1034. (Serm. 293,7). Dio per se stesso resta Dio: l’uomo si unisce a Dio e si fa una sola persona, in modo che non risulti un semidio, quasi ad essere Dio per la parte di Dio e uomo per la parte dell’uomo, ma integralmente Dio e integralmente uomo;
1035. (C. Serm. Arian. c. 7.8). così anche per l’obbedienza di un solo uomo tutti saranno costituiti giusti 26…. Né poiché ha detto: di un uomo, separò Dio che assunse l’uomo; poiché, come ho detto, e bisogna sottolinearlo molto, è una sola persona. Egli, infatti, è l’unico Cristo e sempre Figlio di Dio per natura, e Figlio dell’uomo avendo assunto la natura umana nel tempo per grazia; né l’ha assunta in modo che prima fosse creata e poi assunta, ma in modo che fosse creata mentre l’assumeva. E perciò, per questa unità della persona che si deve considerare nelle due nature, si dice anche che il Figlio dell’uomo è disceso dal cielo, sebbene abbia ricevuto la natura umana dalla Vergine che era sulla terra; e si dice che il Figlio di Dio è stato crocefisso e sepolto, sebbene questo sia stato sofferto non nella divinità, per la quale l’Unigenito è coeterno al Padre, ma nella debolezza della natura umana.
1036. (Enchir. 36). Qui è la grazia di Dio che viene raccomandata in modo assolutamente sublime ed esplicito. Quali meriti aveva infatti la natura umana in Cristo uomo, da essere assunta individualmente nell’unità della persona dell’unico Figlio di Dio? Quale buona volontà, quale ricercata buona intenzione, quali buone opere hanno assicurato a quest’uomo un merito anteriore, per diventare una persona sola con Dio? È forse stato un uomo anteriormente e gli è stato accordato questo singolare beneficio, per una benemerenza singolare presso Dio? Naturalmente da quando cominciò ad essere uomo, non cominciò ad essere nient’altro che Figlio di Dio, e Figlio unico; e ciò a causa di Dio Verbo, che, dopo aver assunto l’umanità, è diventato carne, comunque sempre Dio; come qualsiasi uomo è una sola persona, cioè anima razionale e carne, cosí è una sola persona anche Cristo, Verbo e uomo.
1037. (De praed. sanct. 15,30). C’è anche quel lume splendidissimo di predestinazione e di grazia che è il Salvatore stesso, il Mediatore di Dio e degli uomini, l’uomo Cristo Gesù 116. Ma per conseguire quel risultato, quali sono i meriti nelle opere o nella fede che la natura umana che è in lui si era procurata precedentemente? Si risponda, per favore: quell’uomo da dove trasse il merito per essere assunto dal Verbo coeterno al Padre in unità di persona e diventare Figlio unigenito di Dio? Quale bene, qualunque esso fosse, c’era stato in lui in precedenza? Che cosa aveva fatto prima, che cosa aveva creduto, che cosa aveva chiesto, per arrivare a questa inesprimibile sublimità? Non fu forse perché il Verbo lo creò e lo assunse, che quest’uomo cominciò ad essere Figlio unico di Dio dal momento stesso che cominciò ad esistere? Quella donna piena di grazia non lo concepì forse come Figlio unico di Dio? Non fu forse dallo Spirito Santo e dalla vergine Maria che nacque il Figlio unico di Dio, non per brama carnale, ma per singolare dono di Dio?
1038. (De Trin. XIII 17,22). perché neppure Cristo ottenne in virtù di meriti precedenti di unirsi con il vero Dio tanto intimamente da fare con lui una persona in qualità di Figlio di Dio. Ma nello stesso istante in cui cominciò ad essere uomo, è anche Dio; per questo è detto: E il Verbo si è fatto carne 119.
1039. (C. Iul. o.i. I 138). Né infatti oserai dire che egli sia stato fatto Figlio di Dio fin dall’inizio, cioè dal seno della Vergine, per precedenti meriti di opere…. Non trovate infatti che cosa dire del Cristo secondo la sua umanità, cioè secondo ciò che il Verbo si è fatto facendosi carne: perché colui che era Dio è per un verso rimasto Dio, per un altro verso si è fatto uomo, e perché questo stesso uomo non è mai stato uomo così da non essere l’unigenito Figlio di Dio a causa dell’unigenito Verbo.
1040. (De corr. et gr. 11,30). Dio dunque assunse la nostra natura, cioè l’anima razionale e la carne dell’uomo Cristo, con un’assunzione singolarmente mirabile o mirabilmente singolare; senza che avesse precedentemente acquistato alcun merito con la sua giustizia, fu Figlio di Dio fin dal momento in cui iniziò ad essere uomo in maniera tale che egli stesso e il Verbo, che è senza inizio, erano una persona sola.
1041. (C. Serm. Arian. 8). E perciò, per questa unità della persona che si deve considerare nelle due nature, si dice anche che il Figlio dell’uomo è disceso dal cielo, sebbene abbia ricevuto la natura umana dalla Vergine che era sulla terra; e si dice che il Figlio di Dio è stato crocefisso e sepolto, sebbene questo sia stato sofferto non nella divinità, per la quale l’Unigenito è coeterno al Padre, ma nella debolezza della natura umana…. Il santo Apostolo insegna questa unità della persona di Cristo Gesù Signore nostro, che consta di due nature, divina e umana, di modo che qualsiasi termine di una natura possa riferirsi all’altra, quelli divini alla natura umana e quelli umani alla natura divina,
1042. (Serm. Morin 17,3). Cristo è Verbo, anima e corpo. Ogni uomo è formato di anima e corpo: Cristo è Verbo e uomo. Se è Verbo e uomo, è formato dal Verbo, dall’anima e dal corpo. Non sono tre persone il Verbo, l’anima e il corpo: neanche tu difatti, che sei composto di anima e di corpo, sei due persone. Tu, che sei composto di un’anima e di un corpo, sei un unico uomo; lui, che è composto del Verbo, di un’anima e di un corpo, è un Cristo solo. Alcune volte parla in quanto Verbo e tuttavia è un medesimo Cristo che parla; altre volte parla in quanto anima e tuttavia è un medesimo Cristo che parla; altre volte infine parla in quanto corpo e tuttavia è un medesimo Cristo che parla. Proviamo queste affermazioni con esempi tratti dalle sacre Scritture. Ascolta Cristo che parla in quanto Verbo: Io e il Padre siamo una cosa sola 4; che parla in quanto anima: L’anima mia è triste fino alla morte 5; che parla in quanto corpo: Era necessario che Cristo patisse e risorgesse il terzo giorno 6 . In che cosa doveva risorgere se non in ciò in cui poté essere sepolto? È risorto in quello stesso elemento in cui morì. Cerca la morte nel Verbo: mai poté accadere. Cerca la morte nell’anima: non è mai accaduto perché non ci fu peccato. Cerca la morte nel corpo: qui, sì, ci fu la morte; e perciò fu vera risurrezione, perché ci fu vera morte. Lì ci fu morte.. E come poté esserci, se non ci fu peccato? In questo caso ci fu una pena senza colpa, perché a noi venissero rimesse e colpa e pena.
CAPITOLO V
La carne fu assunta dal Verbo, il Verbo non scomparve nella carne. Le due nature restano inconfuse, in Cristo ci sono due volontà.
SOMMARIO. Il Verbo non si è trasformato in carne. Essendo onnipotente ha potuto assumere dalla Vergine restando quello che era. Le due nature restano inconfuse. Né la divinità si è tramutata in creatura, né ha rinunciato alla divinità; Né la creatura è mutata in divinità, né ha rinunciato ad essere creatura: 1043-1046. Per far capire meglio l’ intima unione delle nature nella persona del Verbo, parla anche di “mescolanza di Dio e dell’ uomo”: 1047. Che Dio sia anche uomo, non è una confusione di nature, ma un’ unità di persone. Atti e affetti umani persuadono che il Verbo non si è consumato per noi, ma che assumesse la natura umana. Cristo ebbe la volontà umana, ma sempre soggetta alla volontà divina. Quanto ai rapporti della sua divinità, c’è una stessa volontà tra Padre e Figlio. 1048-1052.
1043. (De div. quaest. 83 q. 80,21). Infatti se queste parole si scrutano minuziosamente, qualcuno, non meno perverso, potrebbe da queste espressioni deformare a tal punto la nostra fede da dire che lo stesso Verbo si è trasformato e cambiato in carne, fino a cessare di essere Verbo, perché sta scritto: Il Verbo si è fatto carne, allo stesso modo che la carne umana, quando diventa cenere, non è carne e cenere ma cenere dalla carne. Secondo l’usanza più comune di esprimersi, una cosa che diventa ciò che prima non era, cessa di essere ciò che era. Ma noi non intendiamo così queste parole. Anch’essi ammettono con noi che il Verbo, rimanendo ciò che è, dal fatto di aver preso la condizione di servo, non si è trasformato in quella natura di cui si dice: Il Verbo si è fatto carne.
1044. (Serm. 290 5,5). Diventa carne il Verbo, ma si aggiunge al Verbo la carne, il Verbo non scompare nella carne.
1045. (Serm. 186 1,1). Prima che venisse formato nel seno materno già esisteva e, poiché era onnipotente, poté essere formato pur rimanendo ciò che era prima. Si formò una madre, mentre era presso il Padre; e mentre veniva fatto dalla madre, rimase sempre nel Padre. Come avrebbe potuto smettere di essere Dio quando cominciò ad essere uomo, se alla sua madre fece dono di non smettere di essere vergine quando lo partorì? Il Verbo si è fatto carne 1, non significa che cessò di essere Verbo per divenire carne mortale, ma che la carne si unì al Verbo per non essere più mortale.
1046. (De Trin. I 7,14). Poiché dunque la natura di Dio ha assunto la natura di servo, Dio è l’uno e l’altro, come l’uomo è l’uno e l’altro. Ma Dio lo è, perché ha assunto l’uomo; l’uomo lo è perché è stato assunto da Dio. Infatti nell’incarnazione nessuna delle due nature si è mutata nell’altra: la divinità non fu certamente mutata nella creatura, cessando di essere divinità, né la creatura divenne
1047. (Ep. 137 3,11). Nella persona umana c’è dunque l’unione dell’anima col corpo, nella persona divina c’è l’unione di Dio con l’uomo, a patto però che colui il quale ascolta ciò faccia astrazione dal modo come si sogliono comportare i corpi, per cui due liquidi si mescolano in guisa che nessuno dei due conserva la sua integrità, anche se tra i corpi la luce si mescola senza alterarsi con l’aria.
1048. (Serm. 186 1,1). È uomo e insieme Dio; è Dio e insieme uomo: senza confusione della natura, ma nell’unità della persona.
1049. (Ep. 137 3,9). Il fatto poi che Cristo si abbandona al sonno e si alimenta di cibo e prova tutti i sentimenti umani, induce gli uomini a credere alla sua natura di uomo da lui assunta, non annientata.
1050. (En in Ps. 32,2). Poiché quanto Dio dista dall’uomo, altrettanto dista la volontà di Dio dalla volontà dell’uomo. Per cui Cristo, che porta su di sé l’uomo, che ci propone una norma, che ci insegna a vivere e ce ne dà la possibilità, ha voluto mostrarci una certa particolare volontà di uomo, nella quale ha impersonato la sua e la nostra, in quanto è nostro Capo e a Lui – come sapete – apparteniamo come veraci membra: Padre – ha detto – se è possibile, passi da me questo calice. Questa era la volontà umana che voleva qualcosa di proprio e come di esclusivo. Ma poiché volle essere un uomo retto di cuore, così che quanto ci fosse in Lui di un poco ritorto si dirigesse verso Colui che sempre è retto, ha aggiunto: Non però ciò che io voglio, ma ciò che tu vuoi, Padre 1 . Ma che male poteva volere Cristo? Che altro, in definitiva, poteva volere che non voglia anche il Padre? Per coloro che costituiscono una sola divinità, non può esserci disparità di volontà. Ma, in persona di uomo, assumendo in sé i suoi – che già aveva assunto quando disse: ho avuto fame e mi avete dato da mangiare 2 ,… ha mostrato una certa particolare volontà umana: ti ha così fatto conoscere te stesso, e ti ha corretto. Ecco – ha detto – guardati in me: che tu possa volere qualcosa di proprio, diverso da ciò che vuole Dio, è permesso all’umana fragilità, all’umana debolezza: è difficile che non ti capiti di volere qualcosa di particolare; ma subito rifletti a chi è sopra di te. Egli è sopra di te, tu sei sotto di Lui; egli è il Creatore, tu la creatura; egli è il Signore, tu il servo; egli è l’Onnipotente, tu sei debole: per questo ti corregge, ti sottomette alla sua volontà, dicendo per te: – non però ciò che io voglio, ma ciò che tu vuoi, Padre.
1051. (ib. 93,19). Ma in qual modo il Signore, nell’uomo che assunse, stabilì l’accordo tra le due volontà onde farne una sola? Egli infatti volle farsi simbolo anche di quei tali che nel suo corpo, cioè nella sua Chiesa, avrebbero voluto fare la propria volontà ma poi si sarebbero sottomessi alla volontà di Dio…. ci sono delle anime deboli che pure appartengono a lui, e anche di queste volle rendersi simbolo: allo stesso modo come egli sudò sangue per tutto il corpo 47 , perché voleva mostrare che nel suo corpo, cioè nella sua Chiesa, sarebbe stato versato il sangue dei martiri. Il sangue usciva da tutto il corpo del Signore; allo stesso modo la sua Chiesa ha i martiri il cui sangue è stato versato in tutto questo corpo [mistico]. Orbene, raffigurando in se stesso (o meglio nel suo corpo) le anime deboli e mosso da compassione per loro, diceva, quasi sostituendosi ad esse: Padre, se è possibile, passi da me questo calice! Mostra la sua volontà di uomo; ma se avesse persistito in questa volontà, avrebbe palesato un cuore senz’altro poco retto. Ciò facendo, invece, egli volle solo adeguarsi a te, per liberare te nella sua persona. Imita dunque quello che aggiunge e di’: Tuttavia, non quello che voglio io ma quello che vuoi tu, Padre 48.
1052. (C. Serm. arian. 7). Per ciò che si riferisce alla divinità del Figlio, una sola e identica è la volontà del Padre e del Figlio; e non può in alcun modo essere diversa, dal momento che la natura della Trinità immutabile è unica.
CAPITOLO VI
Cristo assunse difetti e passioni del corpo e dell’ anima, che però non contraddicono la sua perfezione. Mai peccò, né avrebbe potuto.
SOMMARIO. Non simulò gli affetti della condizione umana, li manifestò apertamente, ma non come necessità della sua condizione, ma per esigenza del suo insegnamento. Dall’ esperienza di questi affetti Cristo dimostra di possedere carne e anima. Non furono viziose le sue passioni e affezioni, seguendo esse la retta ragione, e non avendo in esse nessun peccato. Passa poi alla spiegazione simbolica, asserendo che noi tutti saremmo stati rappresentati nelle sue infermità. Questo vale in particolare della sua tristezza e del turbamento: 1053-1058. Ciò vale dell’ abbandono di Cristo in croce anche se in misura inferiore: 1059-1062. Non commise nessun peccato, né di origine poiché concepito senza concupiscenza, né per malizia personale. Perciò Cristo fu senza peccato attuale, in quanto privo di quello originale. Dunque fu impeccabile. Impeccabile anche a causa dell’ unione ipotatica: 1063-1067. Cristo non desiderò niente di illecito, né ebbe inclinazione di peccato, perché concepito senza concupiscenza. A nostro esempio volle sostenere la tentazione esterna: 1068-1072. Era tanto più libero, quanto più non voleva peccare: 1073-1074.
1053. (C. Faust. Man. XXVI 8). Ma si deve credere ” -dice – ” che simulò anche la morte, poiché simulò tutti i moti della condizione umana “. Chi ti concederà, contro il Vangelo, che egli abbia simulato tutti i moti della condizione umana? Se l’evangelista disse che Gesù dormì 7, se disse che ebbe fame 8, ebbe sete 9, si rattristò 10, si rallegrò e altro del genere, tutte queste cose sono vere, e sono state narrate in modo da scrivere non che egli le simulò, ma che le fece o le manifestò davvero, non per la necessità della sua condizione, ma per la volontà di insegnare e anche per divino potere.
1054. (En in Ps. 87,3). Orbene, il Signore Gesù prese tutte queste conseguenze proprie della debolezza umana (come ne prese la morte corporale), non per una necessità impostagli, ma per una volontà di misericordia. Volle in tal modo rappresentare nella sua persona quel suo corpo che è la Chiesa, di cui egli si era degnato essere capo. Cioè volle trasfigurare in sé le sue membra, che sono i suoi santi e fedeli. Per cui, se a qualcuno di essi fosse capitato di rattristarsi e di soffrire in mezzo alle tentazioni umane, non dovesse, perciò, ritenersi abbandonato dalla grazia di Cristo. Queste sofferenze non le si sarebbero dovute reputare peccato, ma risultanze della fragilità umana. E così, come coro che canta in armonia con la voce che lo precede, il suo corpo avrebbe imparato a soffrire nel suo stesso Capo.
1055. (De civ. Dei XIV 9,3). Se queste emozioni e sentimenti provenienti dall’amore al bene e dalla santa carità sono da considerare vizi, permetteremmo che siano considerate virtù quelli che sono veramente vizi. Ma se questi impulsi seguono la retta ragione in modo che se ne usi quando conviene, non si può presumere di considerarli anormalità ossia passioni viziose. Per questo anche il Signore, che si è degnato di condurre la vita umana nella condizione di schiavo 85 ma senza alcun peccato, si valse di questi sentimenti quando lo ritenne opportuno. In lui, nel quale erano veri il corpo e l’anima umana, non era falso l’umano sentimento. Dunque non sono falsi gli episodi riferiti nel Vangelo, e cioè che si rattristò con risentimento per la insensibilità del cuore dei Giudei 86, che disse: Godo per voi affinché crediate 87, perfino che prima di risuscitare Lazzaro pianse 88, che desiderò mangiare la pasqua con i suoi discepoli 89, che all’approssimarsi della Passione la sua anima fu triste 90. Egli, quando volle, in virtù di una precisa intenzione accolse nel suo animo di uomo queste emozioni come, quando volle, divenne uomo.
1056. (In Io. ev. tr. 49,18). Gesù, vedendola piangere, e con lei piangere i Giudei che l’accompagnavano, fremette nello spirito, si turbò e disse: Dove l’avete deposto? (Gv 11, 32-34)…. Tu puoi essere turbato senza volerlo; Cristo invece si turbò perché volle. E’ vero che Gesù ha sentito la fame, è vero che si è rattristato ed è altrettanto vero che è morto; ma tutto questo perché l’ha voluto lui: era in suo potere soffrire questo o altro o non soffrire affatto. Il Verbo ha assunto l’anima, ma anche la carne, armonizzando, nell’unità della sua persona, la natura dell’uomo tutto intero… L’anima e la carne di Cristo formano col Verbo di Dio una sola persona, un solo Cristo. C’è in lui la massima potenza, e perciò la debolezza umana obbediva in tutto alla sua volontà. Ecco il senso dell’espressione: egli si turbò.
1057. (En. in Ps. 93,19). Lodice in quanto ha preso su di sé la nostra tristezza, come aveva assunto la nostra carne. Non crediate infatti che noi affermiamo non avere il Cristo assaporato realmente la tristezza. Se dicessimo che Cristo non fu triste, mentre il Vangelo gli pone sulle labbra le parole: La mia anima è triste sino alla morte 54, potremmo allo stesso modo concludere che, anche se il Vangelo ci dice che Cristo ha dormito 55, egli non abbia effettivamente dormito, e anche se il Vangelo ci dice che Cristo ha mangiato 56 , egli non abbia mangiato. Ma facendo così s’infiltra il verme della decomposizione e [nel Vangelo] non rimarrà niente di sano, al punto da potersi anche affermare che il corpo di Cristo non fu un vero corpo, e che egli non ebbe una vera carne. Ogni cosa quindi, o fratelli, che di lui è stata scritta, è cosa realmente avvenuta, è cosa vera. E allora? Fu davvero triste? Certo che fu triste. Ma lo fu perché con la sua volontà volle sentire la tristezza, come con la sua volontà aveva assunto la carne.
1058. (En. in Ps. 40,6). Eravamo in lui quando disse: Triste è l’anima mia fino alla morte 30. Non certo temeva la morte Colui che era venuto a morire; né rifiutava di morire, Colui che aveva il potere di dare la sua vita e il potere di riprenderla di nuovo 31; ma parlavano le membra nel Capo, e parlava il Capo per conto delle membra.
1059. (En 1 in Ps. 70,12). Difatti, così suonano anche le parole gridate da lui sulla croce: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? 49Diremo dunque che Dio effettivamente abbandonò Cristo, mentre Dio era nel Cristo al fine di riconciliare a sé il mondo? 50 mentre sappiamo che Cristo è Dio, e, sebbene nato dai giudei secondo la carne, egli è al di sopra di ogni cosa Dio benedetto nei secoli? 51 Dio lo avrà dunque abbandonato? Non sia mai! Quella era la nostra voce, la voce del nostro uomo vecchio, quello che è stato crocifisso insieme con lui. Egli, infatti, aveva ricevuto il corpo dalla nostra umanità invecchiata, in quanto Maria discendeva da Adamo.
1060. (Ep. 140 11,29). Per quanto riguarda Lui, come avrebbe voluto essere salvato da quella ora, dal momento ch’era venuto proprio per quell’ora 82? Come poteva parlare così, come se gli capitasse ciò che non voleva, dal momento che aveva il potere di dare la vita e di riprendersela né alcuno gliela avrebbe potuta strappare, ma di sua volontà la dava e la riprendeva, come dice nel Vangelo 83? Ma senza dubbio in quella esclamazione di Cristo eravamo noi uomini e il Capo parlava a nome del corpo suo senza separarci da ciò che voleva indicare col suo lamento, dato che le due nature, divina e umana, sono strettamente unite.
1061. (Ep. 140 11,28). Una ragione c’era di certo, e non piccola, perché Dio salvasse… Cristo dalle mani dei Giudei e lo lasciasse in balìa dei carnefici fino alla morte.
1062. (De Symb.398 3,10). Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato 26? Sono le parole del Signore sulla croce. Lo abbandonò riguardo alla presente felicità, non lo abbandonò in quanto all’eterna immortalità. La fine del Signore è questa: i Giudei lo arrestano, i Giudei lo insultano, lo legano, lo coronano di spine, lo imbrattano di sputi, lo flagellano, lo coprono di scherni, lo crocifiggono, lo trapassano con la lancia, e infine lo seppelliscono; ed è quasi abbandonato. E` mai possibile? Si facevano beffe di lui.
1063. (Enchir. 13,41). 41. Egli fu quindi generato e concepito senza il benché minimo piacere di concupiscenza carnale e perciò senza contrarre alcun peccato originale, ancora per grazia di Dio integrato e incorporato, in modo mirabile e ineffabile, nell’unità della persona al Verbo unigenito del Padre, Figlio non per grazia, ma per natura; per questo Egli non può commettere alcun peccato, anche se, per affinità con la carne di peccato nella quale era venuto88, è stato chiamato peccato anche Lui, che doveva sacrificarsi per lavare i peccati. Ora nella legge antica si chiamavano peccati i sacrifici per i peccati89; essi però adombravano quel che Egli è diventato realmente. Per questo l’Apostolo, dopo aver detto: Vi supplichiamo in nome di Cristo, lasciatevi riconciliare con Dio 90, ha aggiunto subito dopo le seguenti parole: Colui che non aveva conosciuto peccato, lo fece peccato per noi, perché noi fossimo in Lui giustizia di Dio 91. Non dice, come si legge in alcuni codici ingannevoli: ” Egli, che non ha conosciuto peccato, fece il peccato per noi “, come se Cristo stesso avesse peccato per noi; dice piuttosto: Colui che non aveva conosciuto peccato, cioè Cristo, lo fece peccato per noi Dio, con il quale dobbiamo essere riconciliati, cioè sacrificio per i peccati, grazie al quale poter essere riconciliati.
1064. (De pecc. mer. et rem. II 35,57). C’è uno solo che è nato senza peccato nella somiglianza della carne del peccato, che è vissuto senza peccato in mezzo ai peccati altrui, che è morto senza peccato per i peccati nostri.
1065. (C. Iul. V 15,57). facendo notare che per l’Apostolo è stato sufficiente dire: Non ha commesso peccato, per indicare che in Cristo non c’era alcun peccato, e per insegnarci, tu concludi, che “chi non li ha fatti, non li ha neppure avuti”. È assolutamente vero. Da grande avrebbe certamente commesso peccati, se da piccolo ne avesse avuti. All’infuori di lui non c’è stato nessuno che, nel crescere dell’età, non ha commesso peccato, proprio perché, all’infuori di lui, non c’è nessuno che non ha avuto peccato all’inizio della fanciullezza.
1066. (Enchir. 12,40). il modo in cui è nato Cristo dallo Spirito Santo, non come figlio, e da Maria Vergine, come figlio, ci introduce nella grazia di Dio, in virtú della quale tale uomo, senza alcun merito antecedente, nell’atto stesso in cui la sua natura ha cominciato ad esistere, s’è congiunto al Verbo di Dio in una tale unità personale, in modo che la medesima persona che era figlio dell’uomo fosse figlio di Dio e viceversa,… e cosí, nell’assunzione della natura umana, risultasse in un certo senso naturale per quell’uomo la stessa grazia che non può indurre ad alcun peccato
1067. (C. Iul. o.i. VI 22). perché senza la concupiscenza della carne il primo Adamo fu fatto, il secondo Adamo nacque; ma il primo Adamo fu uomo soltanto, il secondo Adamo invece fu e Dio e uomo; e quindi il primo Adamo poté non peccare e non fu come il secondo Adamo nella condizione di non poter peccare.
1068. (ib. IV 48). diciamo che egli non ebbe la cupidità dei vizi per la perfezione della sua virtú e per la procreazione della sua carne dal di fuori della concupiscenza della carne. Altro è infatti che non abbia avuto la cupidità cattiva, altro che non l’abbia potuta sentire: l’avrebbe infatti sentita, se l’avesse avuta, perché non gli mancò il senso per sentirla; ma fu presente in lui una volontà che non l’aveva.
1069. (ib IV 47). Chiunque crede o nelle affermazioni degli Apollinaristi che ho ricordate sopra, o crede che il Cristo non abbia avuto i sensi del corpo e sia stato impassibile, sia anatema.
1070. (C. duas ep. Pel. I 11,24). La qual concupiscenza che resiste allo spirito non averla nella carne mortale l’ha potuto solo quell’Uomo che venne tra gli uomini indipendentemente da essa.
1071. (En. in Ps. 60,3). Egli ci ha insegnato a riconoscerci in lui, quando volle essere tentato da satana 3 …. Cristo fu certamente tentato dal diavolo, ma in Cristo eri tentato tu. Tua infatti era la carne che Cristo aveva presa perché tu avessi da lui la salvezza.
1072. (De Trin. IV 13,17). Cristo stesso si è offerto alle sue tentazioni per essere nostro mediatore, nel superamento delle tentazioni di lui, non solo con il suo aiuto ma anche con il suo esempio.
1073. (De praed. Sanct. 15,30). C’era forse da temere che col progredire dell’età quell’uomo peccasse attraverso il libero arbitrio? O invece in lui la volontà non era libera? O non piuttosto egli era tanto più libero quanto meno poteva sottomettersi al peccato?
1074. (Enchir. 105). In realtà tale arbitrio sarà ben piú libero, in quanto non potrà essere assolutamente asservito al peccato.
CAPITOLO VII
Santità e scienza di Cristo.
SOMMARIO. Santificò se in se stesso. Cristo fu unto con la grazia dell’ unione dallo Spirito Santo nel momento stesso dell’ Incarnazione. Ebbe la pienezza della grazia: 1075-1077. E’ molto interessato a quello che succede tra coloro che diventano sapienti per la partecipazione alla Sapienza di Dio, e Cristo che era la stessa persona della Sapienza. Non ammette ignoranza o incoscienza in Cristo fanciullo: 1078-1079. In Cristo non ammette ignoranza. Ignorava soltanto il peccato, non perché non potesse giudicarlo, o di esso conoscesse qualcosa, ma per non commetterlo. Il testo di Mc. 13,32 lo interpreta diversamente sia perché rende inconsapevoli, poiché Cristo non sapeva così da non dire ai discepoli, sia perché nella sua attuale missione non toccava a noi conoscere attraverso lui: 1080-1085. Probabilmente Agostino sembra affermare una scienza beata di Cristo: 1086-1090.
1075. (In Io. ev. tr. 108,5). In quel medesimo Verbo fu santificato anche il Figlio dell’uomo fin dall’inizio della sua creazione quando il Verbo si è fatto carne, poiché il Verbo e l’uomo sono diventati una sola persona. Egli allora si è santificato in se stesso, cioè ha santificato se stesso in quanto uomo in sé Verbo, poiché il Verbo e l’uomo sono un solo Cristo, che santifica l’uomo nel Verbo.
1076. (De Trin. XV 26,46). Ecco perché lo stesso Signore Gesù non solo dette lo Spirito Santo in quanto Dio, ma anche lo ricevette in quanto uomo; per questo la Scrittura lo dice pieno di grazia 300. Ed in maniera più chiara sta scritto di lui negli Atti degli Apostoli: Perché Dio lo unse con lo Spirito Santo 301. Non lo unse certo con un olio visibile, ma con il dono della grazia significata dall’unguento visibile, crisma con cui la Chiesa unge i battezzati. E senza dubbio Cristo non è stato unto con lo Spirito Santo quando lo Spirito discese su di lui, appena battezzato, sotto forma di colomba 302;… Ma bisogna comprendere che Cristo è stato unto con questa mistica e invisibile unzione, nello stesso momento in cui il Verbo di Dio si è fatto carne 304,
1077. (Ep. 187 13,39). Quanto poi al nostro Capo, l’Apostolo afferma che: In lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità 113. Corporalmente non perché Dio sia corporeo, ma forse l’Apostolo ha usato una parola traslata per far intendere che Dio non abitò col corpo nel tempio fatto da mano d’uomo, ma solo simbolicamente, cioè solo sotto simboli che prefiguravano la realtà futura,… Ma forse l’Apostolo ha usato il termine ” corporalmente ” per il fatto che Dio abita, come in un tempio, anche nel corpo di Cristo assunto dalla Vergine.
1078. (De ag. chr. 20,22). Non dobbiamo dare ascolto a coloro che affermano che da quella eterna Sapienza è stato assunto l’uomo, che è nato da una vergine, allo stesso modo come anche da essa diventano sapienti altri uomini, che sono perfettamente saggi…. Altro è divenire sapiente solamente per la Sapienza di Dio ed altro è portare la Persona stessa della Sapienza di Dio. Sebbene la natura del corpo della Chiesa sia la stessa, tuttavia chi non capisce che c’è molta differenza tra il Capo e le altre membra?… non assunse quell’uomo come gli altri santi, ma in modo molto più eccellente e sublime:.. Perciò altra è la sapienza del resto degli uomini, quali che siano, o poterono essere, o lo potranno; e altro quell’unico Mediatore di Dio e degli uomini l’uomo Cristo Gesù, che della stessa Sapienza per la quale divengono sapienti tutti gli altri uomini, non solo ha il beneficio, ma porta anche la persona. Degli altri spiriti sapienti e spirituali rettamente si può dire che abbiano in sé il Verbo di Dio… Ma in nessuno di essi rettamente si può dire che il Verbo si è fatto carne ed ha abitato fra noi, cosa che molto rettamente si dice solo del Signore nostro Gesù Cristo.
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1079. (De pecc, mer. et rem. II 29,48). Egli è venuto nella somiglianza della carne del peccato 214 per distruggere il corpo del peccato 215…. In questo corpo… l’anima razionale si trova oppressa da miserevole ignoranza. Non credo affatto che questa ignoranza esistesse in quel bambino in cui il Verbo si fece carne per abitare tra noi 216. Né sospetto che nel Cristo bambino esistesse la stessa debilità dell’anima che vediamo nei bambini.
1080. (En. in Ps. 34 s.2,2). Dica dunque il nostro Capo: Levandosi testimoni iniqui, mi interrogavano su quanto non sapevo. E diciamo noi al nostro Capo: Signore, che cosa non sapevi? Forse tu ignoravi qualcosa? Non conoscevi forse anche i cuori di coloro che ti interrogavano? non avevi previsto i loro inganni? non ti eri forse dato ben consapevole in loro mano? non eri forse venuto per soffrire a causa di loro? Che cosa dunque ignoravi? Ignorava il peccato: e lo ignorava non perché non lo giudicava, ma perché non lo commetteva.
1081. (Ann. in Job. 38). La sapienza divina al contrario conosce tutto poiché dà la forma a tutti gli esseri,… E siccome Cristo è la potenza di Dio e la sapienza di Dio 210, egli li conosce tutti. Egli poi è voluto nascere come uomo mortale, ma non era soggetto alla mortalità, poiché egli era libero fra i morti. Volle solo mostrare compassione per i mortali per liberarli dalla morte.
1082. (En in Ps. 34 s.2,2). Ciò che è estraneo all’azione è estraneo alla coscienza, e ciò che è estraneo alla coscienza sembra esserlo anche alla conoscenza. Così si dice che Dio non sa, allo stesso modo per cui la teoria non conosce la deformità; e tuttavia è per mezzo della teoria che sono giudicate le cose conosciute.
1083. (De Trin. I 12,23). Ecco un’altra affermazione di Cristo: Quanto poi a quel giorno e a quell’ora nessuno ne sa nulla, neppure gli Angeli in cielo né il Figlio, ma solo il Padre 180. Egli infatti ignora ciò che fa ignorare, cioè ignorava quanto non poteva in quel momento insegnare ai suoi discepoli,… Infatti noi diciamo che si ignora ciò che si nasconde… Così la Scrittura non si esprime in modo diverso da quello che è proprio alla consuetudine umana, perché è proprio agli uomini che si rivolge 190.
1084. (En. in Ps. 6,1). Essendo dunque stato detto che il Figlio di Dio non conosce questo giorno, non perché non lo sa, ma perché non vuole renderlo noto a coloro ai quali non conviene conoscerlo,
1085. (ib. 36,1). Pertanto, poiché il nostro Signore Gesù Cristo ci è stato mandato come Maestro, anche il Figlio dell’uomo ha detto di ignorare quel giorno 1 , poiché non rientrava nel suo magistero che noi lo conoscessimo per suo mezzo.
1086. (De div. quaest. 83 q. 65). La faccia ricoperta dal sudario significa che in questa vita non possiamo avere una conoscenza perfetta, come dice l’Apostolo: Ora vediamo come in uno specchio, in enigma, ma allora a faccia a faccia 185. Gesù disse: Scioglietelo e lasciatelo andare 186, per indicare che dopo questa vita saranno tolti tutti i veli per vedere a faccia a faccia. Qui poi si comprende qual è la differenza tra l’uomo assunto dalla Sapienza di Dio, dal quale siamo stati liberati, e gli altri uomini: Lazzaro infatti non viene sciolto se non quando esce dal sepolcro; vale a dire che l’anima rigenerata non può essere libera da ogni peccato e dall’ignoranza, finché vede di riflesso e in enigma, se non dopo la separazione dal corpo. Invece le bende e il sudario del Signore che non ha commesso peccato e non ignorava nulla sono stati ritrovati nel sepolcro 187. Lui solo infatti tra gli esseri di carne non solo non è stato oppresso dal sepolcro, come se in lui ci fosse qualche colpa 188, ma neppure è stato avvinto dalle bende, come se qualcosa gli fosse nascosta o lo ritardasse nel cammino.
1087. (ib. 83 q.75,2). Ora se il pio intelletto ammette questo anche del Signore Gesù Cristo – non in quanto Verbo, che in principio era presso Dio 362, ma in quanto bambino, che cresceva in età e sapienza 363, salva l’umanità che ha assunto in proprio e non ha in comune con gli altri uomini -, è chiaro che egli entra in possesso dell’eredità mediante la sua morte. Non potremmo infatti essere coeredi, se egli stesso non fosse erede. Se invece la fede non ammette questo, che cioè l’uomo assunto dal Signore prima abbia avuto una visione parziale e poi totale, sebbene sia stato detto che progrediva in sapienza, bisogna intendere l’erede nel suo corpo, che è la Chiesa, di cui siamo coeredi, come diciamo di essere figli di quella madre, sebbene sia composta da noi stessi.
1088. (En in Ps. 15,5.6.10). Il Signore è la porzione della mia eredità e della mia coppa . Possederanno infatti con me in eredità il Signore stesso. Scelgano altri per sé porzioni terrene e temporali e ne fruiscano; la porzione dei santi è il Signore eterno. Bevano altri le mortali voluttà: la porzione della mia coppa è il Signore. Nel dire mia mi unisco alla Chiesa: perché ove è il Capo ivi è il corpo. Riunirò infatti le loro adunanze per l’eredità, e dimenticherò i loro vecchi nomi nell’ebbrezza del calice. Tu sei colui che mi restituisce la mia eredità, affinché sia conosciuta, anche da costoro che io libero, la gloria nella quale ero presso di te, prima che il mondo fosse 1 . Perché non restituisci a me ciò che non ho mai perduto, ma restituisci ad essi, che la perdettero, la conoscenza di quella gloria; e poiché io sono in costoro, restituisci a me.
1089. (C. Max. II 9,1). Ugualmente, ci si può chiedere in che senso sia stato affermato: Dio nessuno lo ha mai visto 11, mentre le parole del medesimo Dio sono: Non sapete che i loro angeli contemplano continuamente il volto del Padre mio che è nei cieli? 12Queste parole vi smentiscono, voi che non sapete in che modo dite che il Padre è invisibile. E in quel passo che dice: Nessuno ha visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre 13, si può riferire agli uomini il termine nessuno. E poiché colui che allora parlava nella carne era uomo, disse questo come se dicesse: “Nessuno degli uomini ha visto il Padre se non io “, come è stato detto: Quale sapiente capirà anche queste cose? 14
1090. (ib. II 25). . E ti sembra che non venga detto nulla di grande riguardo a Dio Padre, se è superiore rispetto alla forma di servo, della quale anche gli angeli sembrano essere superiori. Non rifletti in modo corretto su quale posto abbia nelle cose la natura umana, che fu creata a immagine di Dio. Gli angeli possono essere definiti superiori all’uomo, perché sono superiori rispetto al corpo dell’uomo. Sono superiori anche all’animo umano, ma per quella forma che grava sul corpo corruttibile per la colpa del peccato originale. Invero, della natura umana, di quella natura della mente umana che è stata assunta da Cristo e che non poté essere corrotta da nessun peccato, Dio è il solo ad essere superiore. Infine, per quale motivo si è detto: lo hai reso un po’ inferiore agli angeli 206, lo ha dichiarato la Scrittura, dove si legge: Vediamo Gesù un po’ inferiore agli angeli a causa della passione della morte 207. Dunque, non a causa della natura dell’uomo, ma a causa della passione della morte. In verità, della natura dell’uomo, che per la sua mente razionale e intellettuale supera tutte le altre creature, Dio solo è superiore.
PARTE II
CRISTO REDENTORE
CAPITOLO VIII
Cristo Mediatore per ricomporre la colpa.
SOMMARIO. Con il peccato originale, cui si aggiungono i peccati attuali, gli uomini hanno contratto un debito con Dio. Avevano bisogno di un giudice. Cristo si è fatto arbitro conciliatore tra Dio e l’ uomo. Mediatore in quanto uomo, infatti come Dio è uguale al Padre. Non sarebbe bastato fare il Mediatore in quanto uomo se non fosse anche Dio. Perciò Cristo è Mediatore, come Dio con il Padre e come uomo con gli uomini: 1091-1095. Con il peccato eravamo nemici di Dio, il peccato l’ostacolo che lo separa da Dio. Era necessario per la riconciliazione che fosse tolto l’ ostacolo separatore. Perciò venne il Cristo Mediatore, esente da peccato, ma facentesi carico dei nostri. Cristo sostituto dell’ uomo peccatore. Dio ritenne Cristo “peccato” cioè vittima, sacrificio per il peccato. Egli stesso sacerdote si offrì, sparse il suo sangue, e cancellò l’ attestato dei nostri peccati: 1096-1103.
1091. (Enchir. 33). Il genere umano stava dunque sotto una giusta condanna e tutti erano figli di quella collera… Ogni uomo nasce infatti assieme ad essa e per questo l’Apostolo dice: Fummo infatti anche noi per natura figli della collera, come gli altri 67. Trovandosi dunque gli uomini in questa collera per il peccato originale, in una condizione tanto piú grave e pericolosa quanto piú grandi e piú numerosi erano i pesi ch’essi vi avevano addossato, era necessario un mediatore, cioè un riconciliatore, che placasse questa collera con l’offerta di un sacrificio unico, adombrato da tutti i sacrifici della Legge e dei Profeti. Di qui le parole dell’Apostolo: Se infatti, quand’eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, a maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dalla collera per mezzo suo 68.
1092. (En in Ps. 103IV,8). Egli desiderava un arbitro. Che cos’è un arbitro? È un intermediario incaricato di comporre una causa. Ma non eravamo noi nemici di Dio, e non era forse compromessa la nostra causa dinanzi a Dio? E chi avrebbe potuto concludere questa causa ormai compromessa, se non quell’autentico arbitro senza la cui venuta sarebbe andata distrutta la strada della misericordia? È di lui che l’Apostolo dice: C’è infatti un Dio solo ed uno solo è il mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo uomo 25 . Se non fosse uomo, non sarebbe mediatore, perché come Dio è uguale al Padre. In un altro passo l’Apostolo dice: Ma non c’è mediatore di uno solo, mentre Dio è uno solo 26 . Il mediatore suppone due termini: Cristo dunque è mediatore tra l’uomo e Dio, non già in quanto Dio, ma in quanto uomo. Difatti, in quanto Dio, è uguale al Padre, ma se è uguale al Padre, non è mediatore. Per poter essere mediatore, Cristo deve discendere dall’alto verso il basso e lasciare il piano di uguaglianza con il Padre, facendo quel che dice l’Apostolo: Egli annientò se stesso, assumendo la natura di schiavo, fatto a somiglianza degli uomini e trovato all’aspetto come uomo 27. Deve versare il suo sangue, cancellare il decreto della nostra condanna 28 e ristabilire l’armonia tra noi e Dio,
1093. (ib. 134,5). A colmare questo grande abisso fu mandato il Mediatore. Essendo uomo, tu non eri in grado d’avvicinarti a Dio; e allora Dio si è fatto uomo e tu, che essendo uomo eri incapace di andare a Dio mentre eri in grado di avvicinarti all’uomo, attraverso l’uomo puoi ora raggiungere Dio. Questo, perché c’è stato chi si è reso mediatore tra Dio e gli uomini: l’uomo Cristo Gesù 12 …. Se fosse stato solamente uomo, tu, pur seguendolo, mai saresti arrivato a Dio, in quanto egli sarebbe stato lo stesso che tu. Se al contrario fosse stato soltanto Dio, non potendo tu immedesimarti con entità diverse da te non saresti ugualmente riuscito ad arrivare a Dio. Ma ecco che Dio si è fatto uomo, e allora tu, camminando sulle orme dell’uomo – cosa a te possibile – puoi arrivare a Dio – cosa [altrimenti] a te impossibile.
1094. (Serm. 47,12,21). perché è Dio come il Padre e uomo come gli uomini. Non mediatore l’uomo privo della divinità, né Dio privo dell’umanità. Ecco il Mediatore. La divinità senza l’umanità non è mediatrice, come non lo è l’umanità senza la divinità. Ma fra l’umanità sola e la divinità sola è mediatrice l’umana divinità e la divina umanità di Cristo.
1095. (De cons. ev. I 35,53). E poiché tutte le cose che tendono verso direzioni opposte si ravvicinano in forza di qualche elemento che sta loro in mezzo – quanto a noi l’iniquità temporale ci allontanava dalla giustizia eterna -, per questo fu necessario che in mezzo si collocasse una giustizia temporale. Questo “mezzo” per essere di quaggiù, era temporale; per essere di lassù era giusto; e in tal modo, non staccandosi dal mondo superiore e abbassandosi al livello del mondo inferiore, restituì al cielo le cose della terra. Ecco perché Cristo fu detto mediatore fra Dio e gli uomini: egli, Dio e uomo, si pone in mezzo fra Dio immortale e l’uomo mortale e riconcilia l’uomo con Dio 112, restando ciò che era, diventando ciò che non era.
1096. (In Io ev. tr. 41 4.5). Ricorriamo tutti a Cristo, invochiamo contro il peccato l’intervento di Dio liberatore, chiediamo di essere venduti, ma per essere ricomprati con il suo sangue. Siete stati venduti per niente – dice il Signore – e senza denaro sarete ricomprati (Is 52, 3). Senza denaro, cioè senza il vostro denaro, perché il prezzo l’ho pagato io. Questo dice il Signore: egli ha pagato il prezzo, e non in denaro ma con il suo sangue. Noi infatti eravamo schiavi e miserabili…. 5. Solo il Signore ci può liberare da questa schiavitù: egli che non la subì, ce ne libera; perché egli è l’unico che è venuto in questa carne senza peccato. Anche i bambini che vedete in braccio alle loro mamme, ancora non camminano e già sono prigionieri del peccato: lo hanno ereditato da Adamo e solo da Cristo sono liberati. Anche ad essi, quando vengono battezzati, viene conferita questa grazia promessa dal Signore; poiché può liberare dal peccato solo chi è venuto senza peccato e si è fatto vittima per il peccato. Avete sentito quanto dice l’Apostolo, le cui parole sono state appena lette: Noi fungiamo da ambasciatori per Cristo, ed è come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo; cioè, come se Cristo stesso vi supplicasse. Di che cosa? Riconciliatevi con Dio (2 Cor 5, 20). Se l’Apostolo ci esorta e ci supplica a riconciliarci con Dio, vuol dire che eravamo nemici di Dio. Non ci si riconcilia infatti se non quando si è nemici. Ma è stato il peccato, non la natura, a renderci nemici. Nemici di Dio perché schiavi del peccato. Dio non ha per nemici degli uomini liberi: per essere suoi nemici è necessario essere schiavi e tali si rimane finché non si è liberati da colui del quale peccando gli uomini vollero essere nemici. Vi supplichiamo – dice l’Apostolo – in nome di Cristo: riconciliatevi con Dio. Ma come possiamo riconciliarci con Dio, se non si elimina ciò che crea divisione tra noi e lui? Egli dice per bocca del profeta: Non è diventato duro d’orecchio per non sentire, ma sono i vostri peccati che hanno messo la divisione tra voi e il vostro Dio (Is 59, 1-2). Non è possibile la riconciliazione se non si elimina l’ostacolo che si frappone tra noi e lui, ponendo, invece, in mezzo ciò che deve starci. C’è di mezzo un ostacolo che divide, ma c’è altresì il Mediatore che riconcilia. Ciò che divide è il peccato, il mediatore che ci riconcilia è il Signore Gesù Cristo: Vi è un solo Dio e un solo mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù (1 Tim 2, 5). Per abbattere il muro che divide, il peccato, è venuto quel mediatore che si è fatto ad un tempo vittima e sacerdote. E poiché si è fatto vittima per il peccato offrendo se stesso in olocausto sulla croce della sua passione, l’Apostolo, dopo aver detto: Vi supplichiamo in nome di Cristo: riconciliatevi con Dio, aggiunge, come se noi avessimo chiesto in che modo possiamo riconciliarci: Lui – cioè Cristo stesso – che non conobbe peccato, Iddio lo fece per noi peccato, affinché in lui noi diventassimo giustizia di Dio (2 Cor 5, 20-21). Lui – proprio lui, Cristo Dio – che non conobbe peccato, è venuto nella carne, cioè in una carne simile a quella del peccato (cf. Rm 8, 3), ma che tuttavia non era la carne del peccato, poiché in lui non v’era alcun peccato; e proprio perché in lui non c’era peccato, è diventato il vero sacrificio per il peccato.
1097. (En. in Ps. 68,10). Cristo non commise alcuna colpa; si caricò delle colpe, ma non le commise.
1098. (Serm. 152 n.10.11). Colui che non aveva conosciuto peccato lo fece peccato in nostro favore? Chi? Nei confronti di chi? Dio nei confronti di Cristo, Dio fece Cristo peccato in nostro favore. Non ha detto: Dio lo fece peccatore in nostro favore, ma lo fece peccato. Se è un’empietà dire che Cristo abbia peccato, chi può tollerare che Cristo sia ” peccato “? Eppure non possiamo contraddire l’Apostolo…11. Com’è dunque? La Carità vostra veda di comprendere un grande e profondo mistero. Sarete felici se ne avrete desiderato la comprensione e giungerete ad amarlo. Veramente, precisamente, Cristo Signore nostro, Gesù Salvatore nostro, Redentore nostro è stato fatto peccato perché noi fossimo giustizia di Dio in lui. In che modo? Ascoltate la legge. Nella legge erano chiamati ” peccati ” anche i sacrifici che si offrivano per i peccati. Quando la vittima per il peccato veniva portata, eccoti che dice la legge: I sacerdoti posino le loro mani sul peccato 32; cioè sulla vittima per il peccato. E che altro è Cristo se non sacrificio per il peccato? Come anche Cristo – dice – vi ha amato, e ha dato se stesso per voi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore 33. Ecco con quale peccato condannò il peccato: con il sacrificio che egli divenne per i peccati, con esso condannò il peccato.
1099. (Enchir. 41). per affinità con la carne di peccato nella quale era venuto88, è stato chiamato peccato anche Lui, che doveva sacrificarsi per lavare i peccati…. Per questo l’Apostolo, dopo aver detto: Vi supplichiamo in nome di Cristo, lasciatevi riconciliare con Dio 90, ha aggiunto subito dopo le seguenti parole: Colui che non aveva conosciuto peccato, lo fece peccato per noi, perché noi fossimo in Lui giustizia di Dio 91. Non dice, come si legge in alcuni codici ingannevoli: ” Egli, che non ha conosciuto peccato, fece il peccato per noi “, come se Cristo stesso avesse peccato per noi; dice piuttosto: Colui che non aveva conosciuto peccato, cioè Cristo, lo fece peccato per noi Dio, con il quale dobbiamo essere riconciliati, cioè sacrificio per i peccati, grazie al quale poter essere riconciliati.
1100. (C. Faust. Man. XIV 7). Se poi confessi che è morto, confessa che ha accettato il castigo del nostro peccato senza il nostro peccato.
1101. (ib. XIV 4). Cristo dunque subì un castigo che spettava a noi senza aver commesso reato in modo d’assolverci dal nostro reato e di porre fine anche al nostro castigo.
1102. (De pecc. mer. et rem. II 30,49). Il nostro corpo è morto dunque per il peccato, solo il corpo del Cristo è morto senza il peccato allo scopo che nel sangue da lui versato senza colpa fossero distrutti gli addebiti registrati di tutte le colpe 221, a causa dei quali i debitori che credono in lui erano prima detenuti dal diavolo. Perciò dice: Questo è il mio sangue che sarà versato per molti in remissione dei peccati 222.
1103. (De Trin. XIII 16,21). l’uno, il primo Adamo, per il peccato e la morte del quale noi, suoi posteri, siamo incatenati come a mali ereditari; l’altro, il secondo Adamo.. pagando per noi un debito che non doveva pagare, ci ha liberato dai debiti paterni e personali 117.
CAPITOLO IX
Trionfo di Cristo in croce; vincitore perché vittima.
SOMMARIO: Il vero sacrificio è dovuto solo a Dio. Cristo offrì un vero e proprio sacrificio con la sua morte, per cui ogni colpa che era in noi è stata abolita. estinta e abolita. Il Sangue di Cristo è il prezzo della nostra redenzione. Agostino usa una metafora: nel sacco della sua carne il Mercante Cristo portava il prezzo del suo sangue. Fu colpito dalla lancia in croce, è uscito il sangue e pagò il prezzo: 1104-1108. Rimessi i peccati è finita l’inimicizia e gli uomini diventarono riconciliati. Il Sacrificio della croce fu lo strumento della propiziazione e della soddisfazione: 1109-1111. Quattro cose sono da vedere nel sacrificio. a) A chi viene offerto; b) da chi viene offerto; c) cosa viene offerto; d) per chi viene offerto. Cristo sacerdote e vittima. Non potè offrire di maggior valore che la carne dello stesso sacerdote: 1112-1116. Compiendo la volontà del Padre Cristo procedette liberamente verso la passione e la morte. Cristo trionfò in croce: dunque vincitore perchè vittima: 1117-1119. Anche se Gesù Cristo non è morto per gli Angeli, lo stato di guerra tra gli uomini e i santi Angeli è stato tolto con il sangue del Mediatore e si fatto ordine in cielo, dal momento che gli uomini occuperanno i posti destinati agli angeli cattivi: 1120.
1104. (C. Faust. Man. XX 17). il vero sacrificio, che si deve all’unico vero Dio e con il quale solo Cristo ha soddisfatto il suo altare,
1105. (De Trin. IV 13,17). Ma proprio lì, sul campo concesso alle sue imprese, il diavolo fu battuto completamente, perché fu proprio nel ricevere il potere esteriore di uccidere il corpo mortale del Signore che il suo potere interiore con cui ci teneva schiavi fu abbattuto 114. Infatti è accaduto che le catene tra innumerevoli peccati e innumerevoli morti sono state rotte con la morte di uno solo 115, assolutamente libero dal peccato. Il Signore soffrì per noi tale morte indebita, affinché non nuocesse a noi la morte a noi dovuta. Non esisteva potere che avesse il diritto di spogliarlo del suo corpo; se n’è spogliato lui stesso. Infatti Colui che avrebbe potuto non morire, se lo avesse voluto, senza alcun dubbio morì perché lo volle, dando così una bella lezione ai principati e alle potestà che egli aveva schiacciato totalmente nella sua persona 116. Con la sua morte, l’unico sacrificio assolutamente vero offerto per noi, tutto ciò che c’era in noi di colpevole e che dava il diritto ai principati e alle potestà di costringerci a espiare con i supplizi, egli ha pulito, abolito, estinto,
1106. (C. Iul. III 3,9). Quando si parla di redenzione si parla di prezzo. Qual è questo prezzo se non il sangue prezioso dell’Agnello illibato e immacolato, Gesù Cristo 11? A quale scopo è stato pagato questo prezzo? Perché interrogare altri? Ci risponda lo stesso Redentore; parli colui che ha pagato: Questo è il mio sangue, che è sparso per una moltitudine in remissione dei peccati 12.
1107. (Serm. 336,4). Per non dilungarci troppo, passiamo finalmente al contenuto del nostro canto. Com’è che Cristo dice: Hai lacerato la mia veste di sacco e mi hai rivestito di un abito di gioia 17? La sua veste di sacco era la carne, a somiglianza della carne del peccato. Non ti risulti avvilente che abbia detto: la mia veste di sacco: là era contenuto il tuo prezzo. Hai lacerato la mia veste di sacco. Da questa veste di sacco abbiamo trovato scampo. Hai lacerato la mia veste di sacco. Nella Passione fu lacerato il sacco. Com’è allora che a Dio Padre si dice: Hai lacerato la mia veste di sacco? Vuoi sentire com’è che si dica a Dio Padre: Hai lacerato la mia veste di sacco? Perché non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi 18 . Tramite Giudei inconsapevoli, procurò infatti di che redimere quelli che erano ben coscienti, e di che sconvolgere gli ostinati nel rifiuto. Ignorano infatti qual bene ci hanno ottenuto con la loro colpevolezza. La veste di sacco venne elevata sulla croce e sembrò che l’empio ne fosse lieto. Il persecutore, con un colpo di lancia, lacerò la veste di sacco e il Redentore versò il nostro prezzo. Cristo redentore elevi il suo canto, si dolga Giuda che ne fece mercato, si vergogni il giudeo che concluse l’affare. Ecco, Giuda vendette, comprò il giudeo:… Rallegrati, cristiano, nell’affare concluso dai tuoi nemici, a guadagnarci sei stato tu. È venuto in tuo possesso quanto questo vendette e quello comprò.
1108. (En. in Ps. 21,28). : Ecco, Cristo ha sofferto, il compratore ha mostrato il compenso, ecco il prezzo che ha dato, il suo sangue è stato versato. Nel sacco [del suo Corpo] portava il nostro prezzo; è stato colpito dalla lancia, il sacco si è aperto, e ne è disceso il prezzo di tutta la terra.
1109. (De Trin. XIII 16,21). Dio manifesta dunque verso di noi il suo amore in questo, che, quando eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A più forte ragione, ora che siamo giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui 106. Giustificati, dice, nel suo sangue. Siamo pienamente giustificati per il fatto che siamo liberati da tutti i peccati, e siamo stati liberati da tutti i peccati perché il Figlio di Dio, che era senza peccato 107, è stato ucciso per noi. Saremo, dunque, salvi dall’ira per mezzo di lui 108; sì, salvi dall’ira di Dio che non è altro che una giusta vendetta 109… Noi non eravamo nemici di Dio che nella misura in cui i peccati sono nemici della giustizia. Una volta rimessi i peccati, tali inimicizie cessano, e quelli che il Giusto stesso giustifica.. Chi potrebbe infatti dubitare che egli non darà la sua vita a quegli amici per i quali, quand’erano nemici, ha dato la sua morte?… Poiché dunque per causa di quel solo primo uomo, coloro che venivano generati dalla sua viziosa concupiscenza carnale tutti li teneva schiavi il diavolo, è giusto che per il Cristo solo lasci in libertà tutti coloro che vengono rigenerati per mezzo della sua immacolata grazia spirituale.
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1110. (En in Ps. 64,6). Tu sarai propizio alle nostre empietà, non si possono dire se non di un sacerdote che offre qualcosa con cui l’empietà sia espiata e perdonata. Infatti si dice che si propizia una empietà quando il Signore diviene propizio verso tale empietà. E come si fa a rendere Dio propizio verso le empietà, ottenere cioè che le perdoni e conceda venia? Per ottenere perdono dal Signore si compie la propiziazione con qualche sacrificio. Esiste dunque, mandato dal Signore Dio, un misterioso nostro sacerdote. Egli prese da noi la vittima da offrire al Signore, prese ciò che noi abbiamo chiamato le sante primizie della carne dal seno della Vergine. Questo l’olocausto che egli offrì a Dio, quando stese le sue mani sulla croce… e da quel momento le nostre empietà sono state espiate.
1111. (ib. 129 3,7). Perché presso di te c’è propiziazione. Ora, questa propiziazione cos’è se non un sacrificio? E qual è questo sacrificio se non quello che venne offerto per noi? Venne sparso un sangue innocente e con esso vennero cancellate tutte le colpe dei peccatori; venne sborsato un prezzo talmente grande che valse a redimere tutti i prigionieri dalle mani del nemico che li teneva imprigionati….7. . Prese del tuo e l’offrì per te, come fa adesso il sacerdote, il quale, quando tu vuoi placare Dio dei tuoi peccati, prende da te l’offerta e la presenta [a Dio] in tuo nome. È quel che accadde [in Cristo]: esattamente così. Egli, nostro sacerdote, prese del nostro e l’offrì per noi: prese la nostra carne e in questa carne divenne vittima, olocausto, sacrificio. Nella passione divenne nostro sacrificio, nella resurrezione portò a vita nuova ciò che era stato ucciso e lo presentò a Dio come una tua primizia;
1112. (De Trin. IV 14,19). E quale sacerdote è giusto e santo come l’unico Figlio di Dio, che non aveva bisogno di purificare con un sacrificio i suoi peccati, né quello originale né altri aggiunti dall’esistenza umana? E che altro si può prendere dagli uomini e offrirlo per essi tanto convenientemente quanto la carne umana? E che cosa c’è di tanto adatto, per questa immolazione, come la carne mortale? E che cosa di tanto puro per purificare le immondezze dei mortali come una carne concepita e nata verginalmente, immune da ogni contagio della concupiscenza carnale? E che cosa è tanto offribile e tanto accettabile quanto la carne del nostro sacrificio che è il corpo del nostro sacerdote? Che se in ogni sacrificio sono quattro gli aspetti da considerare (a chi si offre, da chi si offre, che cosa si offre, per chi si offre), tutti e quattro convengono nel medesimo unico e vero Mediatore che ci riconcilia con Dio per mezzo del suo sacrificio di pace 123, rimanendo egli tutt’uno con Dio a cui si offriva, facendo tutt’uno in sé coloro per i quali l’offriva, tutt’uno essendo lui che offriva con ciò che offriva.
1113. (De civ. Dei X 20). Quindi il Mediatore, in quanto prendendo la forma di schiavo 123 è divenuto l’uomo Cristo Gesù mediatore di Dio e degli uomini 124, riceve nella forma di Dio il sacrificio assieme al Padre con cui è un solo Dio. Tuttavia nella forma di schiavo preferì essere che accettare il sacrificio affinché con questo pretesto non si pensasse che si deve sacrificare a una creatura. Per questo è sacerdote, egli offerente, egli offerta. E volle che il sacramento quotidiano di questa realtà sia il sacrificio della Chiesa la quale, essendo il corpo di lui in quanto capo, sa di offrire se stessa per mezzo di lui 125. Gli antichi sacrifici dei Patriarchi erano i molteplici e vari segni di questo sacrificio vero, perché in molti si figurava l’unico come se con diverse parole si esprimesse un solo concetto. Così veniva fortemente inculcato senza destare avversione 126. Tutti i falsi sacrifici cedettero il posto a questo sommo e vero sacrificio.
1114. (En. in Ps. 132,7). E chi è sacerdote se non quell’unico che penetrò nel santo dei santi? Chi è sacerdote se non colui che è stato insieme vittima e sacerdote? se non colui che, non trovando nel mondo un’ostia monda da offrire [a Dio], offrì se stesso?
1115. (En. in Ps. 26 sermo 2,2). Erano unti allora solo il re ed il sacerdote: queste due erano a quel tempo le persone che venivano unte. Nelle due persone era prefigurato il futuro unico re e sacerdote, l’unico Cristo rivestito dell’uno e dell’altro ufficio, chiamato appunto Cristo per il crisma [o unzione]. Ma non soltanto fu unto il nostro Capo: lo siamo stati anche noi, il suo corpo. È dunque Re perché ci regge e ci guida; Sacerdote perché per noi intercede 3 . Ed unico è stato questo sacerdote, tanto che egli stesso è stato anche la vittima. Niente altro che se medesimo ha offerto a Dio in sacrificio. All’infuori di sé non avrebbe trovato infatti altra vittima così pura e razionale; quale agnello immacolato ci ha redento, versando il suo sangue, incorporando noi a se stesso, facendoci sue membra, in modo che anche noi, in Lui, fossimo Cristo. Perciò l’unzione riguarda tutti i cristiani; mentre nei tempi passati del Vecchio Testamento essa spettava solo a due persone. Di conseguenza è manifesto che noi siamo il Corpo di Cristo, perché tutti siamo unti; e tutti noi in Lui siamo di Cristo e siamo Cristo, poiché in certo qual modo il Cristo totale è Capo e corpo.
1116. (ib 74,12). Il sacrificio delle vittime e degli animali racchiude un grande sacramento; solo che in tutta quella varietà di sacrifici si ha da vedere quell’unico sacrificio e quell’unica vittima che è il Signore sulla croce.
1117. (Serm. 152,9). anche la sua santa condotta di vita dimostra a sufficienza che egli non ha commesso nulla che fosse degno di morte. Per questo afferma: Ecco, viene il principe di questo mondo (indicando il diavolo), ma in me non troverà nulla. Non troverà motivo di farmi morire il principe della morte. E allora perché muori? Ma perché tutti sappiano che io faccio la volontà del Padre mio. Andiamo via da qui 28. E s’incamminò alla passione, verso la morte, morte volontaria, non di necessità, ma per libera decisione. Ho il potere di offrire la mia vita e il potere di riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso e di nuovo la riprendo 29. Se ti stupisci del suo potere, comprendi la sua maestà. Cristo parla come parla Dio.
1118. (In Io, ev, tr. 47,11). Quando Cristo diede l’anima? Quando il Verbo volle. La potestà infatti l’aveva il Verbo: in lui risiedeva il potere per decidere quando la carne dovesse dare l’anima, e quando dovesse riprenderla.
1119. (Conf. X 43,69). vittorioso e vittima per noi al tuo cospetto, e vittorioso in quanto vittima; sacerdote e sacrificio per noi al tuo cospetto, e sacerdote in quanto sacrificio; che ci rese, di servi, tuoi figli,
1120. (Enchir. 61-62). Cristo infatti non è morto per gli Angeli. Nondimeno è anche per gli Angeli la redenzione e liberazione degli uomini dal male, resa possibile per mezzo della sua morte, in quanto in un certo senso li fa tornare in grazia con loro, dopo le ostilità tra gli uomini e i santi Angeli generate dal peccato, e la redenzione stessa degli uomini è motivo di riparazione dei guasti prodotti da quella caduta degli Angeli—62. Effettivamente gli Angeli santi, istruiti da Dio e beati nella contemplazione della sua eterna verità, conoscono il numero supplementare che quella città si aspetta da parte del genere umano per essere completa. Perciò l’Apostolo ha parlato del disegno di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra 146. Ebbene, quelle del cielo sono ricapitolate quando viene reintegrata dagli uomini quella parte che negli angeli era venuta meno, mentre sono ricapitolate quelle che sono sulla terra quando gli stessi uomini, predestinati alla vita eterna, sono rigenerati dal loro antico stato di corruzione. Cosí, in virtú di quello speciale sacrificio costituito dall’immolazione del Mediatore, l’unico sacrificio raffigurato da numerose vittime sotto la Legge, le cose del cielo si sono rappacificate con quelle della terra, e le cose della terra con quelle cielo,
CAPITOLO X
Universalità della Redenzione.
SOMMARIO. Dalla Universalità della redenzione Agostino argomenta contro Guliano per l’ universalità del peccato originale. Cristo è morto anche per i bambini. Si appella alla tradizione della Chiesa sul battesimo dei bambini per la necessità che hanno anch’ essi della redenzione di Cristo. Tutti gli uomini, nessuno escluso, erano morti per il peccato, e per tutti Cristo è morto. Venne a salvare anche quelli che non vollero: 1121-1128. Non solo l’ Africa ma tutto il mondo è stato redento: 1129. Contradice i Pelagiani che cercano di escludere i giusti del V.T. dalla grazia del Redentore. Anch’ essi sono stati riconciliati con Dio dalla grazia del Mediatore. Credettero nella venuta dell’ uomo Cristo e appartengono al corpo di Cristo: 1130. Cristo soddisfece tutti i peccati. La Redenzione fu superabbondante. Interpretazione di Col. 1,24: 1131-1137:
1121. (C. Iul. o.i. II 175). Tìrati fuori da questo testo, se puoi: Uno è morto per tutti, e abbi il coraggio di dire che non erano tutti morti coloro per i quali è morto il Cristo, e l’Apostolo ti tapperà subito la bocca e ti ricaccerà in gola la sfrontatissima voce, mostrando la conseguenza della sua affermazione: Quindi tutti sono morti. Non lodare l’Apostolo, non lo spiegare in tal modo da non volerlo ascoltare quando dice: Uno è morto per tutti, quindi tutti sono morti 279. In questi ” tutti ” dilagò la morte insieme al peccato a causa di colui nel quale muoiono tutti, e qui sono compresi anche i bambini, perché pure per loro morì il Cristo, il quale è morto per tutti, proprio perché tutti sono morti. Comunque tu ragioni, comunque tergiversi, comunque tenti di sovvertire o di pervertire le parole dell’Apostolo, non dimostri l’immunità dei bambini dalla morte che sta nel peccato, poiché non osi negare che il Cristo sia morto anche per loro.
1122. (C. Iul. III 25,58). Nella loro sostanza i bambini non sono opera del diavolo, ma per opera del diavolo sono rei dall’origine. Per questo motivo, come del resto professi anche tu, Cristo è morto pure per i bambini perché anche ad essi appartiene il sangue sparso in remissione dei peccati 72.
1123. (Serm. 293,8). Da questa mediazione la massa del genere umano viene riconciliata con Dio, dal quale si era alienata a causa di Adamo…. Da uno solo viene la nostra salvezza quali che siamo, potenti, di umile condizione, vecchi, giovani, fanciulli, bambini; da uno solo siamo salvati.
1124. (ib. 293,10). Qualcuno può dire: Come? anche il bambino dunque ha bisogno del Salvatore? Sì, proprio ne ha bisogno… Lo attesta anche la madre Chiesa nell’accogliere il bambino che deve essere purificato dalla colpa… Chi può avere l’ardire di contestare una madre così grande?… Anche il loro Signore si fece bambino perché li ama.Com’è possibile che non abbiano diritto alla salvezza che egli reca, quando meritarono di morire per lui per primi?
1125. (C. Iul IV 8,42). Che forse non sono uomini o non sono compresi nelle parole tutti gli uomini?
1126. (De civ. Dei XX 6,1). Dunque tutti sono morti, nessuno escluso, nel peccato tanto originale che volontario o perché ignorano o perché, pur sapendo, non operano il bene. E per tutti i morti è morto un solo vivo che, cioè, non aveva assolutamente alcun peccato affinché coloro, che vivono mediante la remissione, non vivano più per se stessi ma per colui che è morto per tutti a causa dei nostri peccati ed è risuscitato per la nostra giustificazione 35.
1127. (In Io. en. tr. 36,4) Dapprima Cristo è venuto a salvare, poi verrà a giudicare: condannando nel suo giudizio coloro che non hanno voluto essere salvati e conducendo alla vita coloro che, credendo, non hanno rifiutato la salvezza.
1128. (Serm. 344,4). Il sangue del tuo Signore, purché tu lo voglia, è offerto per te. Ma se non vuoi che sia per te, per te non è dato. Vorresti forse dire: ” Il mio Dio aveva sì il sangue per redimermi, ma ormai nella sua passione tutto l’ha versato. Che cosa gli è rimasto da dare anche per me? “. Questo è il mistero grande: l’ha dato una volta sola e l’ha dato per tutti. Il sangue di Cristo è salvezza per chi lo accetta, condanna per chi lo rifiuta.
1129. (En 2 in Ps. 21,28). Che mi dici o eretico? Non è il prezzo di tutta la terra? Solo l’Africa è stata redenta? Non osi dire: Tutto il mondo è stato redento, ma si è perduto. Da quale usurpatore Cristo è stato vinto, tanto da perdere la sua ricchezza? Ecco, si ricorderanno e si convertiranno al Signore tutti i confini della terra. Anche te sazierà, e lo dirà. Se dicesse i confini della terra e non tutti i confini della terra, essi potrebbero dire: Ecco, sono in Mauritania i confini della terra. Ha detto tutti i confini della terra; o eretico ha detto tutti; dove fuggirai per evitare la domanda? Non hai dove uscire, ma hai dove entrare.
1130. (De pecc. orig. 26,31). Nel ragionare così tentano d’escludere dalla grazia del Mediatore gli antichi giusti, come se l’uomo Cristo Gesù non sia stato il Mediatore tra Dio e gli uomini 70 di quei tempi, per la ragione che non aveva preso ancora la carne dal seno della Vergine e non era ancora uomo quando vivevano quei giusti. Se fosse così, l’Apostolo non direbbe: A causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti, e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo 71. Secondo i vaniloqui di costoro quegli antichi giusti né ebbero bisogno della mediazione dell’uomo Cristo per essere riconciliati con Dio, bastando ad essi la natura, né riceveranno la vita in lui, essendo evidente che non appartengono al suo corpo e alle sue membra, in rapporto al quale Gesù è divenuto uomo per gli uomini. Se invece è vero quello che dice la Verità per mezzo dei suoi Apostoli: Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita nel Cristo, perché dal primo uomo viene la morte e dal secondo la risurrezione dei morti, quale cristiano oserebbe dubitare che anche quei giusti, i quali piacquero a Dio nei tempi verdi del genere umano, arriveranno alla risurrezione della vita eterna, non della morte eterna, perché risorgeranno nel Cristo; e risorgeranno nel Cristo perché appartengono al corpo del Cristo, e appartengono al corpo del Cristo perché anche di essi è capo il Cristo; 72 e anche di essi è capo il Cristo perché uno solo è il Mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù 73?E non sarebbe stato capo di essi, se mediante la sua grazia non avessero creduto nella sua risurrezione. E questo come avverrebbe, se avessero ignorato la sua futura venuta nella carne, né in forza di questa fede fossero vissuti nella giustizia e nella pietà?
1131. (De pecc. orig. II 24,28). Ma quando sono in causa i due uomini per l’uno dei quali siamo stati venduti come schiavi del peccato e per l’altro siamo redenti da tutti i peccati, per l’uno siamo stati precipitati nella morte e per l’altro siamo liberati per la vita; infatti il primo ci ha portati in se stesso alla rovina facendo la propria volontà e non la volontà di colui che l’aveva fatto, il secondo ci ha fatti salvi in se stesso non facendo la propria volontà, ma la volontà di colui che l’aveva mandato 43:… è propriamente in causa la sostanza della fede cristiana.
1132. (En. in Ps. 129,3) Venne sparso un sangue innocente e con esso vennero cancellate tutte le colpe dei peccatori; venne sborsato un prezzo talmente grande che valse a redimere tutti i prigionieri dalle mani del nemico che li teneva imprigionati.
1133. (De pecc. orig. 29,34). Nessuno pertanto, nessuno assolutamente, è stato liberato o è liberato o sarà liberato dalle mani del perditore se non in forza della grazia del Redentore.
1134. (In Io. ev. tr. 4,10). Nessuno si arroghi questo potere, di togliere il peccato del mondo!… Dunque, solo lui era l’Agnello, perché non è venuto al mondo così…. Colui che non ha assunto il peccato della nostra razza, è colui che toglie il nostro peccato:
1135. (En in Ps. 95,5). Venne il Redentore e sborsò il prezzo: versò il suo sangue e si riacquistò l’universo. Mi chiederete: ” Cos’ha comprato? “. Guardate cosa ha sborsato e comprenderete cosa abbia comprato. Il sangue di Cristo, ecco il prezzo. Che cosa può valere tanto? Che cosa, se non tutto l’universo? Che cosa, se non l’intera umanità?
1136. (ib. 95,15). Egli infatti giudicherà il mondo con giustizia. Non giudicherà solo una parte, poiché non ha redento solo una parte. Deve giudicare la totalità, poiché per la totalità ha pagato il prezzo.
1137. (ib. 86,5). Ascoltate le parole dell’Apostolo, nel quale soffriva lo stesso Cristo: Ho da compiere nella mia carne ciò che manca alle tribolazioni di Cristo 20. Ho da compiere… che cosa? Ciò che manca. Ciò che manca a chi? Alle tribolazioni di Cristo. E dove è che manca? Nella mia carne. Mancava forse qualche tribolazione in quell’uomo assunto dal Verbo di Dio, nato da Maria Vergine? Egli soffrì tutto quanto doveva soffrire e lo soffrì di sua spontanea volontà, non perché ve lo obbligasse il peccato; e, a quanto è dato capire, lo soffrì veramente tutto. Infatti, quando inchiodato sulla croce, ebbe assaporato l’aceto, ultima sofferenza, disse: È compiuto! E chinato il capo, emise lo spirito 21. Che significa: È compiuto?Che non manca niente per completare la misura delle mie sofferenze; e che tutte le cose che erano state predette di me si sono compiute.
CAPITOLO XI
Con il suo trofeo il diavolo è stato sconfitto.
SOMMARIO. Poiché i peccati hanno separato il genere umano da Dio da lungo tempo, era opportuno che che l’ uomo fosse riconciliato dal Mediatore con Dio. Cristo Redentore nel suo sangue ci redense dall’ ira di Dio: 1138-1140. Descrive drammaticamente la nostra liberazione dalla prigionia del diavolo nella quale eravamo incappati a cuasa dei peccati.. Cristo mise la sua croce come trappola, e mise come esca il suo sangue. Cristo innocente è stato ucciso, il diavolo ha dovuto restituire i debitori. Con il suo trofeo il diavolo è stato vinto. In questo punto Agostino non parla di mediazione di Cristo tra gli uomini e il diavolo., né mai disse che il sangue di Cristo fu dato come prezzo al diavolo. Poiché gli uomini sono stati riconciliati con Dio escono dalla potestà del diavolo: 1141-1145. Per quanto il diavolo non avesse alcun diritto sugli uomini, Dio permise giustamente che gli uomini fossero consegnati nel potere del diavolo.
1138. (Enchir. 108). Non ci potrebbe liberare nemmeno l’uomo Gesú Cristo in persona, unico Mediatore tra Dio e gli uomini 267, se non fosse anche Dio. Quando fu creato Adamo, cioè un uomo retto, non c’era bisogno di un mediatore. Quando però i peccati scavarono un solco profondo tra il genere umano e Dio, era necessario che ci riconciliassimo con Dio, fino alla risurrezione della carne nella vita eterna, per mezzo di un mediatore, l’unico ad esser nato, vissuto e ucciso senza peccato; cosí la superbia dell’uomo sarebbe stata smascherata e risanata grazie all’umiltà di Dio, e l’uomo avrebbe potuto accertare quanto si era allontanato da Dio, alla luce della chiamata che gli veniva dal Dio incarnato; cosí, grazie all’uomo Dio, sarebbe stato offerto all’uomo pervicace un esempio di obbedienza e, assumendo l’Unigenito la condizione assolutamente immeritata di servo, si sarebbe spalancata la sorgente della grazia; nella persona del Redentore sarebbe stata quindi prefigurata anche la risurrezione della carne, promessa ai redenti, e il diavolo sarebbe stato sconfitto grazie a quella medesima natura che si compiaceva d’aver ingannato, senza che però l’uomo potesse vantarsene, per non far risorgere la superbia. Ciò non toglie che quanti intendano approfondire questo grande mistero del Mediatore possano cogliere ed esprimere qualcos’altro, o almeno coglierlo, pur senza esprimerlo.
1139. (De Trin. XIII 11,15). il Figlio muore per noi e il Padre è riconciliato con noi per mezzo della sua morte 62;
1140. (De nat. et grat. 2,2). allora la natura umana non potrà mai in nessun modo essere giustificata e riscattata dalla giustissima ira di Dio, cioè dalla sua punizione, se non mediante la fede e il sacramento del sangue del Cristo.
1141. (Serm. 130 2). Finimmo, infatti, in mano al principe di questo mondo, che ingannò Adamo e lo asservì e dette inizio al suo dominio su di noi, diventati come schiavi nati. Venne, però, il Redentore e il seduttore fu vinto. E il nostro Redentore come trattò chi ci aveva resi schiavi? Per il nostro riscatto tese come trappola la sua croce; vi pose, quale esca, il suo sangue. A quello, invece, fu possibile far versare questo sangue, non meritò di berne. E per il fatto che fece versare il sangue di chi nulla gli doveva, fu obbligato a restituire i debitori; sparse il sangue dell’innocente, fu obbligato a rilasciare i colpevoli. In realtà, il Signore versò il proprio sangue allo scopo di cancellare i nostri peccati. Quindi ciò che convalidava il potere di quello su di noi fu distrutto dal sangue del Redentore. Non altrimenti che con i vincoli dei nostri peccati ci teneva infatti schiavi. Ecco, queste le catene della schiavitù. Egli venne, legò il forte con le catene della sua passione; entrò nella dimora di lui, vale a dire nei cuori degli uomini, dove quello abitava, e gli portò via i vasi 5. Quello li aveva colmati della sua amarezza. Anche al nostro Redentore, nel fiele, dette da bere tale amarezza. Quello ci aveva perciò colmati come vasi di sua proprietà, ma il Signore nostro, afferrando i vasi di lui e facendoli propri, li vuotò dell’amaro e li colmò di dolcezza.
1142. (Serm. 263,1). Ma se lui non fosse stato ucciso, la morte non sarebbe morta. Il diavolo è stato vinto per mezzo del suo stesso trofeo. Esultò infatti il diavolo quando, seducendolo, fece cadere nella morte il primo uomo. Seducendolo uccise il primo uomo: uccidendo invece l’ultimo (Cristo), gli scappò dai lacci il primo.
1143. (Serm. 134,6). Facesti morire l’Innocente; togliesti di mezzo colui che non dovevi, restituisci ciò che avevi in possesso. Perché dunque gongolasti nel momento stesso che scopristi nel Cristo la carne mortale? Era la trappola per te: fosti preso da ciò che ti rese contento.
1144. (De civ. Dei X 22). Mediante la vera pietà gli uomini di Dio scacciano lo spirito dell’aria nemico e avversario della pietà esorcizzandolo 133, non rendendolo propizio, e superano tutti i suoi attacchi ostili pregando non lui ma il proprio Dio contro di lui. In definitiva egli vince e assoggetta soltanto con l’associare al peccato. Viene quindi vinto nel nome di colui che senza peccato assunse e portò l’umanità. Perciò in lui che è insieme sacerdote e sacrificio, cioè nel Mediatore di Dio e degli uomini l’uomo Cristo Gesù 134, avviene la remissione dei peccati, perché per suo mezzo ci riconciliamo a Dio con la remissione dei peccati. Infatti soltanto con i peccati gli uomini si separano da Dio,
1145. (De Trin. IV 13,17). Ma proprio lì, sul campo concesso alle sue imprese, il diavolo fu battuto completamente, perché fu proprio nel ricevere il potere esteriore di uccidere il corpo mortale del Signore che il suo potere interiore con cui ci teneva schiavi fu abbattuto 114. Infatti è accaduto che le catene tra innumerevoli peccati e innumerevoli morti sono state rotte con la morte di uno solo 115, assolutamente libero dal peccato. Il Signore soffrì per noi tale morte indebita, affinché non nuocesse a noi la morte a noi dovuta.
1146. (De Trin. XIII 12,16). Per un effetto della giustizia divina il genere umano è stato consegnato in potere del diavolo, poiché il peccato del primo uomo si trasmette per via d’origine a tutti coloro che nascono dall’unione dei due sessi, e il debito dei nostri primi genitori grava su tutti i loro discendenti…. Questa sottomissione al diavolo si trova già espressa nel Genesi, dove, dopo aver detto al serpente: Mangerai terra 68, Dio dice all’uomo: Tu sei terra e ritornerai alla terra 69. Le parole: Tu ritornerai alla terra preannunciano la morte del corpo, morte che, anch’essa, sarebbe stata risparmiata all’uomo se fosse rimasto nella giustizia nella quale è stato creato…. Così dunque Dio dimostrò che aveva consegnato l’uomo a colui al quale aveva detto: Mangerai terra 71…. Perciò tutti gli uomini sono dall’origine sottomessi al principe della potenza dell’aria… Quanto al modo in cui l’uomo è stato consegnato al potere del diavolo non bisogna intendere che Dio abbia comandato o fatto che accadesse questo, ma lo ha soltanto permesso, giustamente tuttavia…. né ha sottratto l’uomo alla legge della sua potenza, quando ha permesso che fosse sotto il potere del diavolo, perché nemmeno il diavolo stesso sfugge alla potenza dell’Onnipotente,… Se dunque l’uomo, commettendo il peccato, per una giusta ira di Dio è stato sottomesso al diavolo, Dio, rimettendo il peccato, per una benevola riconciliazione ha strappato l’uomo al diavolo.
1147. (De Trin. XIII 14,18). Qual è dunque questa giustizia che ha vinto il diavolo? Quale, se non quella di Gesù Cristo? E come fu vinto il demonio? Perché ha ucciso Cristo, benché non trovasse in lui nulla che meritasse la morte. Allora è giusto che siano messi in libertà i debitori che teneva sotto di sé,… Questo significa l’affermazione che noi siamo giustificati nel sangue di Cristo 78, perché è così che quel sangue innocente è stato sparso… E va verso la sua passione al fine di pagare, egli che non doveva nulla, per i nostri debiti. Il diavolo sarebbe stato vinto con questa rigorosa equità, se Cristo avesse voluto trattare con lui sul piano della potenza e non su quello della giustizia? Ma rimandò ad un secondo tempo ciò che poteva, per fare prima ciò che conveniva. È per questo che bisognava che egli fosse insieme uomo e Dio. Se non fosse stato uomo, non avrebbe potuto essere ucciso; se non fosse stato anche Dio, non si sarebbe creduto che non voleva ciò che poteva, ma invece che non poteva ciò che voleva, e non penseremmo che abbia preferito la giustizia alla potenza, ma che la potenza gli mancò… Perciò la giustizia ci è divenuta più gradita in queste umiliazioni, perché egli avrebbe potuto, se lo avesse voluto, non soffrire queste umiliazioni, tanto è grande la potenza nella divinità e così, morendo, lui che è tanto potente, ha insegnato a noi mortali impotenti la giustizia e promesso la potenza; di queste due cose una fece morendo, l’altra risorgendo.
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1148. (Serm. 30,1). Non meravigliarti dunque, o uomo venduto schiavo al peccato, se ti domina colui al quale sei venduto. Ascolta l’apostolo Giovanni: Il peccato è iniquità 4. Contro una tale padrona invochiamo il Signore quando diciamo: Che non mi domini alcuna iniquità 5.
1149. (De nat. et gr. 24,26). Riguardo alla sua affermazione che “il Signore poté morire senza il peccato” rispondo che per il Signore anche il nascere fu una scelta di misericordia, non una necessità di natura. Così pure morì volontariamente. E questo è il nostro prezzo con il quale poté redimerci dalla morte.
1150.Serm. 344,4). Dai barbari ti hanno salvato i tuoi beni, dalla morte prima il tuo denaro. Dalla morte seconda ti ha dato salvezza il sangue del tuo Signore.
CAPITOLO XII
Fu necessaria e conveniente l’ Incarnazione?
SOMMARIO. L’ Incarnazione non fu necessaria, perché anche se nessuno fosse stato liberato, nessuno potrebbe onestamente ridire qualcosa sulla giustizia di Dio. E’ stata un’opera di misericordia:1151-1152. Dio in altre maniere avrebbe potuto liberare gli uomini ??????????. Con l’Incarnazione ha testimoniato il suo grande amore per noi. Poteva anche mostrarsi agli uomini con un altro corpo etereo ma volle assumere quella natura che doveva liberare. Nessun altro modo sembra più conveniente di quello: 1153-1157. L’unione ipostatica è il massimo a motivo del dono: 1158-1159. Dall’ Incarnazione derivano molti e grandi doni; la natura umana ne ha ricavato un grande onore; fu raccomandata la grazia; Cristo discese affinché noi salissimo; è diventato figlio degli uomini, affinché noi diventassimo figli di Dio: 1160-1164. Insegna principalmente l’umiltà di Cristo nell’ Incarnazione, come medicinale per sanare il tumore della superbia. Il genere umano giaceva in una condizione di grande malato, e aveva bisogno di un gran medico. Agostino si lascia rapire dal fervore dell’ eloquenza quando in un discorso al popolo parla dei frutti dell’ Incarnazione e della bellezza morale di Cristo: 1165-1168. Il mistero dell’Incarnazione non è incredibile:1169-1170.
1151. (Enchir. 99). Vede bene infatti, se comprende, che tutto quanto il genere umano è stato condannato nella radice della sua apostasia da un giudizio divino talmente giusto, che nessuno avrebbe il diritto di prendersela con la giustizia di Dio, anche se nessuno ne venisse liberato; mentre quelli che sono liberati dovevano esserlo in modo da far risultare, rispetto ai piú che non lo sono, sottomessi ad una condanna assolutamente giusta, quel che avrebbe meritato tutto l’insieme e dove avrebbe condotto anche costoro il giudizio divino dovuto, se non fosse intervenuta la sua misericordia non dovuta.
1152. (De nat. et gr. 5). Tutta la massa umana deve dunque scontare le sue pene e, se a tutti si rendesse il dovuto castigo della condanna, non si renderebbe certo ingiustamente… Chi dunque vuol essere tanto pazzo da non rendere ineffabili grazie alla misericordia divina liberatrice di quelli che vuole, se in nessun modo avrebbe il diritto d’incolpare la giustizia divina anche se fosse condannatrice di tutti senza eccezione?
1153. (De ag. chris. 11,12). Vi sono degli stolti che dicono: non poteva la Sapienza di Dio liberare gli uomini in modo diverso senza assumere l’umanità, senza nascere da una donna e patire tutte quelle sofferenze da parte dei peccatori? A costoro rispondiamo: lo poteva certamente; ma se avesse fatto diversamente, sarebbe dispiaciuto ugualmente alla vostra stoltezza.
1154. (De Trin. XIII 16,21). Perché dunque la morte di Cristo non avrebbe dovuto aver luogo? Anzi, perché, lasciando da parte gli altri innumerevoli mezzi dei quali avrebbe potuto far uso l’Onnipotente per liberarci, non avrebbe dovuto scegliere di preferenza questa morte.. Dio manifesta dunque verso di noi il suo amore in questo, che, quando eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A più forte ragione, ora che siamo giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui 106.
1155. (De cat. rud. 4,7). Ora, qual è il motivo più grande della venuta del Signore se non quello di mostrare da parte di Dio l’amore che ha per noi, raccomandandocelo sommamente? Perché mentre eravamo ancora suoi nemici, Cristo è morto per noi 21. E per ciò fine del precetto 22 e pienezza della legge è la carità 23, così che pure noi ci amiamo l’un l’altro 24 e, come egli ha dato la propria vita per noi, anche noi diamo la nostra per i fratelli 25; se un tempo si provava riluttanza ad amarlo, almeno ora non la si deve più provare nel rendere l’amore a quel Dio che per primo ci ha amati e non ha risparmiato il suo unico Figlio, ma lo ha dato per noi tutti 26. Non vi è infatti invito più efficace ad amare che esser primi nell’amare;
1156. (De vera rel. 16,30). Tuttavia, non si è mai preso cura del genere umano con maggiore generosità di quando la stessa Sapienza di Dio, cioè l’unico Figlio consustanziale e coeterno al Padre si degnò di assumere la natura umana nella sua interezza, e il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi 35. Così infatti ha mostrato agli uomini carnali, incapaci di cogliere la verità con la mente perché schiavi dei sensi, quale elevata posizione la natura umana occupi tra le creature, dal momento che è apparso agli uomini non solo sotto forma visibile (cosa che avrebbe potuto fare anche in un corpo celeste adattato al grado di tolleranza della nostra vista), ma anche nelle vesti di un vero uomo: bisognava infatti che assumesse proprio la stessa natura che doveva liberare. E, affinché nessuno dei due sessi ritenesse di essere stato disprezzato dal suo Creatore, assunse l’aspetto di uomo e nacque da una donna.
1157. (De Trin. XIII 10,13). Vi sono di quelli che dicono: “Dio non aveva un altro modo di liberare gli uomini dalla miseria di questa condizione mortale? Era necessario che egli volesse che il suo Figlio unigenito, Dio eterno come lui, si facesse uomo, rivestendo un’anima ed una carne umana, ed una volta divenuto mortale, soffrisse la morte?”. Per confutare questa obiezione è insufficiente affermare che è buono e conforme alla dignità divina questo modo con il quale Dio si è degnato di liberarci per mezzo del Mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Gesù Cristo 50; è pure insufficiente rispondere mostrando che Dio, alla cui potenza tutto è ugualmente sottomesso, aveva la possibilità di fare uso di un altro modo; ma bisogna mostrare che non c’era né vi sarebbe potuto essere un altro modo più conveniente per risanare la nostra miseria. Infatti, per risollevare la nostra speranza, per impedire agli spiriti dei mortali, abbattuti per la condizione della loro mortalità, di disperare nell’immortalità, che c’era di più necessario che mostrarci quanto Dio ci apprezzi e quanto ci ami? Esisteva di ciò una prova più luminosa e convincente di questa: che il Figlio di Dio, immutabilmente buono, restando in se stesso ciò che egli era, e ricevendo da noi, per noi, ciò che non era, degnatosi, senza nulla perdere della sua natura, di divenire partecipe della nostra, abbia prima portato su di sé i nostri mali senza aver mai demeritato, commettendo qualcosa di male, e così, credendo noi ormai quanto Dio ci ami e sperando ormai ciò di cui disperavamo, abbia sparso su di noi, con una larghezza totalmente gratuita, i suoi doni, senza che nulla meritassimo per aver fatto qualcosa di buono, anzi avendo demeritato per quanto abbiamo fatto di male?
1158. (De corr. et gr. 11,30). Pertanto questi al momento hanno bisogno di una grazia non più beata, ma certo più potente; e quale grazia è più potente del Figlio di Dio unigenito, uguale al Padre e coeterno, fatto uomo per loro, e crocifisso da uomini peccatori e senza che avesse alcun peccato originale o proprio?
1159. (In Io. ev. tr. 82,4). Dunque possiamo ben dire che, siccome la natura umana non rientra nella natura divina, se appartiene alla persona dell’unigenito Figlio di Dio lo è per grazia e per una tale grazia di cui non è concepibile una maggiore e neppure uguale.
1160.,(De Trin. XIII 17,22). Vi sono anche molte altre cose nell’Incarnazione di Cristo – la quale dispiace ai superbi – che è salutare comprendere e meditare. Una di queste è l’aver mostrato all’uomo il posto che occupa tra gli esseri creati da Dio: in quanto la natura umana ha potuto unirsi a Dio così intimamente da fare di due sostanze una sola persona, e per questo anzi di tre: Dio, l’anima e il corpo, cosicché quegli spiriti maligni e superbi, che sotto l’apparenza di aiutare l’uomo, s’interpongono come mediatori per ingannarlo, non osino più anteporsi all’uomo, con il pretesto che sono esenti dalla carne; perché, soprattutto, il Figlio di Dio ha spinto la sua condiscendenza fino al punto di morire in questa stessa carne, non possono più farsi onorare come dèi per la ragione che si mostrano immortali. Un secondo insegnamento consiste nel fatto che nell’umanità di Cristo ci è stata manifestata la grazia di Dio non preceduta da alcun merito 118, perché neppure Cristo ottenne in virtù di meriti precedenti di unirsi con il vero Dio tanto intimamente da fare con lui una persona in qualità di Figlio di Dio. Ma nello stesso istante in cui cominciò ad essere uomo, è anche Dio; per questo è detto: E il Verbo si è fatto carne 119. Vi è anche un terzo insegnamento: un così grande abbassamento da parte di Dio era proprio adatto a confondere e guarire la superbia dell’uomo, che è il più grande ostacolo alla sua unione con Dio 120. L’uomo impara anche quanto si sia allontanato da Dio; ciò gli dia forza a sopportare le sofferenze salutari nel ritornare, per mezzo di tale Mediatore, che come Dio soccorre gli uomini con la sua divinità, e come uomo è simile a loro nella debolezza 121. E qual maggiore esempio di obbedienza per noi, che eravamo periti per disobbedienza, di quello di Dio Figlio obbediente a Dio Padre fino alla morte in croce 122. Dove poteva apparire in maniera più splendida il premio dell’obbedienza, se non nella carne di un così grande Mediatore che è risuscitato per la vita eterna? Conveniva infine alla giustizia e alla bontà del Creatore che il diavolo fosse vinto per mezzo di quella stessa creatura ragionevole, che egli si compiaceva di aver vinto, e per mezzo di una creatura discendente da quella stessa stirpe che, viziata all’origine, era nella sua totalità, per la colpa di uno solo, sotto il potere del diavolo.
1161. (En in Ps. 70,10). Che cosa è Cristo? In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questo era in principio presso Dio. Tutte le cose sono state fatte per suo mezzo, e senza di lui niente è stato fatto 29. Grande, immenso è tutto questo! Ma tu, o prigioniero, che cosa sei? Dove giaci? Nella carne, soggetto alla morte. Chi è, dunque, lui? E chi sei tu? Che cosa divenne lui in un secondo momento? E per chi? Che cosa è lui, se non ciò che è stato detto, cioè il Verbo, la parola? E quale parola? Come quella che risuona e passa? No! Egli è il Verbo Dio presso Dio; è il Verbo per cui mezzo tutte le cose sono state fatte. Che cosa è divenuto per te? E il Verbo si è fatto carne, e ha abitato tra noi 30. Dio infatti non ha risparmiato il suo proprio Figlio ma per noi tutti lo ha dato. E come allora non ci avrà donato ogni cosa insieme con lui? 31 Ecco che cosa; ecco chi; ecco per chi. Il Figlio di Dio divenuto carne per il peccatore, per l’ingiusto, per il disertore, per il superbo, per colui che volle con intenzioni perverse rassomigliarsi al suo Dio! Egli si è fatto ciò che tu sei, cioè figlio dell’uomo, affinché noi diventassimo figli di Dio! Si è fatto carne. E donde ha tratto la carne? Da Maria vergine 32 . E da chi discende Maria vergine? Da Adamo. Dunque discende da quel primo prigioniero; e la carne di Cristo deriva anch’essa dalla massa dei prigionieri. Perché tutto questo? Per darci un esempio. Prese da te ciò in cui doveva morire per te; prese da te ciò che doveva offrire per te, per ammaestrarti con questo esempio. Per insegnarti che cosa? Che dovrai risorgere. Come potresti infatti credere alla resurrezione, se non ti avesse preceduto l’esempio di una carne tratta dalla massa della tua stessa mortalità? Dunque, in lui siamo risorti una prima volta; infatti, quando Cristo è risorto, anche noi siamo risorti. Non che il Verbo sia morto e sia risorto, ma è morta la carne unita al Verbo, e questa è risorta. Cristo è morto in quell’elemento nel quale anche tu morrai; ed è risuscitato in ciò in cui anche tu risorgerai. Con il suo esempio ti ha insegnato che cosa non devi temere e che cosa devi sperare. Temevi la morte: è morto. Disperavi della resurrezione: è risorto.
1162. (Ep. 140 4,10). Noi pure, per grazia di Lui, siamo diventati ciò che non eravamo, cioè figli di Dio: ma eravamo anche prima qualcosa, sebbene di gran lunga inferiore, cioè figli di uomini. Egli dunque discese perché noi ascendessimo, e pur restando nella propria natura, divenne partecipe della natura nostra, affinché noi, pur conservando la nostra natura, diventassimo partecipi della sua. Non è tuttavia da credere che la partecipazione alla natura umana abbia reso inferiore la natura del Verbo, mentre ha reso migliori noi il fatto che partecipiamo della sua natura di Dio.
1163. (Serm. 361/A, 1). Così venne quel Medico umile, trovò il malato giacente, si fece partecipe della sua debolezza, chiamandolo alla sua divinità; entrò nel terreno delle passioni uccidendo le passioni e fu steso sulla croce, morendo per uccidere la morte.
1164. (Serm. 192,1). Colui che avrebbe fatto partecipare della natura divina quelli che erano uomini, divenne uomo pur essendo Dio.
1165. (De ag. chr. 11,12). Perciò il Figlio assunse umana natura ed in essa ha sofferto da uomo. Questo rimedio a favore degli uomini è così grande che più non si può immaginare. Quale superbia si può sanare, se non si sana con l’umiltà del Figlio di Dio? Quale avarizia si può sanare, se non si sana con la povertà del Figlio di Dio? Quale iracondia si può sanare, se non si sana con la pazienza del Figlio di Dio? Quale empietà si può sanare, se non si sana con la carità del Figlio di Dio? Infine, quale timidezza si può sanare, se non si sana con la risurrezione del corpo di Cristo Signore?
1166. (Serm. 340/A, 5). Maestro di umiltà con la parola e con le opere: sempre infatti con la parola non cessò mai dall’inizio della creazione di insegnare agli uomini l’umiltà per mezzo di angeli, di Profeti; anche con il suo esempio si è degnato insegnarla. Venne umile il nostro Creatore, creatura in mezzo a noi, egli che ha creato noi, egli che fu creato per noi: Dio prima del tempo, uomo nel tempo, per affrancare l’uomo dal tempo. Medico infallibile, venne a guarire il nostro tumore. Dall’oriente all’occidente il genere umano giaceva simile a un grande malato e reclamava il Medico infallibile. Un primo tempo, questo Medico inviò i suoi aiutanti, e in seguito, venne egli stesso, quando alcuni avevano perduto ogni speranza. A quel modo che un medico manda i suoi assistenti nel caso di un compito facile e, sopraggiungendo un aggravamento pericoloso, interviene personalmente, così l’umanità, immersa in ogni sorta di vizi, era oppressa dalla minaccia di un pericolo mortale che scaturiva soprattutto dal fomite della superbia: egli venne appunto a guarire proprio la superbia con il suo esempio. Vergognati di essere tuttora superbo, uomo; per te Dio volle essere umile. Molto Dio si sarebbe umiliato, se soltanto fosse nato per tuo amore: si è degnato persino di morire per te. Egli dunque era sulla croce nella sua umanità, quando i Giudei persecutori scuotevano il capo dinanzi alla croce e dicevano: Se è il Figlio di Dio, scenda ora dalla croce e gli crederemo 23 . Ma egli si manteneva nell’umiltà, per questo non scendeva: non aveva perduto la potenza, ma dava prova di pazienza. Infatti, riflettete appunto agli effetti del suo potere e notate quanto sarebbe stato facile discendere dalla croce a lui che ebbe il potere di risorgere dal sepolcro. Ma a te si doveva dar prova di umiltà, a te prova di pazienza; se non te ne veniva data prova, non ti si poteva comandare, ma, se con le parole si doveva imporre come legge, doveva essere presentata e raccomandata con l’esempio.
1167. (Serm. 195,3). Oggi è il giorno in cui venne al mondo colui per mezzo del quale è stato creato il mondo 6 , in cui si è reso presente con un corpo colui che mai è assente con la sua potenza: perché era già in questo mondo e venne nella sua casa 7. Era nel mondo ma il mondo non lo conosceva: la luce risplendeva nelle tenebre ma le tenebre non l’hanno accolta 8. Venne nella carne per purificare la carne dai vizi. Si presentò come terra medicamentosa 9 , per guarire i nostri occhi interiori, che la nostra terra esteriore aveva accecato; affinché, guariti gli occhi, noi che eravamo prima tenebre diventassimo luce nel Signore 10. In modo che non più la luce risplenda nelle tenebre mentre noi siamo impossibilitati a vederla 11 ma, potendola noi fissare, ci risplenda in tutto il suo chiarore. Per questo lo sposo uscì dalla stanza nuziale, percorrendo la sua via come lieto campione 12 . Bello come uno sposo, forte come un campione, amabile e terribile, severo e sereno, bello per i buoni, duro per i cattivi, rimanendo nel seno del Padre entrò nel grembo della madre.
1168. (En in Ps. 44,3). Perché anche nel fatto che si è rivestito della carne, cosicché si dicesse di lui: Lo abbiamo visto, e non aveva bellezza né decoro 14 , se considererai la misericordia nella quale si è fatto uomo, ivi è bello. Il profeta pertanto parlava a nome dei Giudei, quando diceva: Lo abbiamo visto, e non aveva bellezza né decoro. Perché? Perché lo vedevamo senza comprendere. Ma per coloro che capiscono, E il Verbo si è fatto carne 15è di una sublime bellezza. Dice uno degli amici dello sposo: Lungi da me gloriarmi, se non nella croce del nos Verbo nato fanciullo, perché mentre era fanciullo, mentre succhiava il latte, mentre era portato in braccio, i cieli hanno parlato, gli angeli hanno cantato lodi, la stella ha diretto il cammino dei magi, è stato adorato nel presepio, cibo per i mansueti 18 . È bello dunque in cielo, bello in terra; bello nel seno, bello nelle braccia dei genitori: bello nei miracoli, bello nei supplizi; bello nell’invitare alla vita, bello nel non curarsi della morte, bello nell’abbandonare la vita e bello nel riprenderla; bello nella croce, bello nel sepolcro, bello nel cielo.
1169. (De civ. Dei X 29,2). Ma per potere accogliere con fiducia questa verità vi era necessaria l’umiltà che può essere difficilmente inculcata alla vostra alterigia. Che cosa d’incredibile si dice, soprattutto a voi che sostenete certe dottrine filosofiche, con cui dovreste stimolare a credere questa verità; che cosa, ripeto, vi si dice d’incredibile, quando vi si dice che un Dio ha assunto l’anima umana e il corpo? Voi, è vero, assegnate un grande ruolo all’anima ragionevole, che è appunto l’anima umana. Affermate infatti che può divenire consostanziale alla mente paterna che dichiarate figlio di Dio. Perché è dunque incredibile se una determinata anima intelligente in modo ineffabile e singolare è stata assunta per la salvezza di molti? Sappiamo bene, per conferma della nostra stessa natura, che per avere la interezza e la pienezza dell’uomo il corpo è unito all’anima. Se il fatto non fosse nella nostra immediata esperienza, sarebbe certamente ancora più incredibile. Più facilmente infatti si può accogliere per fede che uno spirito è unito a un altro spirito, quantunque uno umano con uno divino, uno diveniente con uno indiveniente o, per usare la vostra abituale terminologia, un incorporeo con un incorporeo, che non l’unione di un corpo con un incorporeo. Vi urta forse lo straordinario concepimento del corpo da una vergine? Anche questo fatto non deve urtarvi, anzi addurvi ad accogliere la religione, perché un individuo fuori del comune è nato in modo fuori del comune… Che motivo v’è dunque di non volere essere cristiani in base alle vostre opinioni che voi stessi confutate, se non quello che il Cristo è venuto nell’umiltà e voi siete superbi?
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1170. (Ep. 137 2,8). Ora tutto ciò, se si cerca una ragione, non sarà più meraviglioso; se si desidera un esempio, non sarà più una cosa unica. Dobbiamo ammettere che Dio possa operare qualche cosa che noi dobbiamo confessare di non poter penetrare. In tali fatti l’intera spiegazione risiede nella potenza di Colui che li opera.
CAPITOLO XIII
La causa finale dell’ Incarnazione
SOMMARIO. Ecco i testi nei quali appare che Agostino ha insegnato che il peccato di Adamo fu l’ unica causa dell’ Incarnazione. Se l’ uomo non si fosse perduto il Figlio dell’ uomo non sarebbe venuto. Cristo Signore non ebbe altro motivo di venire che per salvare il peccatori.: 1171-1175. Alcuni rispondendo che la colpevolezza non fosse l’ unica causa dell’ Incarnazione, dice Agostino trattarsi di azioni passive, a somiglianza dell’ azione del medico: “Togli la malattia e la cura non serve”. Ancora allegano altri testi in cui sembra che Agostino noti altre ragioni sul decreto dell’Incarnazione, le pià importanti sono; a) è opportuno che l’uomo in terra comunichi fisicamente con Dio, come gli angeli del cielo comunicano spiritualmente; b) Che Dio abbia voluto costituire una città di angeli e uomini, di cui Cristo fosse il capo; c) che Cristo è stato costituito capo ed esempio della nostra predestinazione; d) che il mistero dell’ Incarnazione fosse rivelato fin dall’ inizio all’ uomo innocente e a tutti gli angeli: 1176- 1184.
1171. (Serm. 174 2,2). Se l’uomo non si fosse perduto, il Figlio dell’uomo non sarebbe venuto. Perciò l’uomo si era perduto, è venuto Dio-uomo e l’uomo è stato ritrovato. L’uomo si era perduto per libera decisione della volontà: Dio-uomo è venuto per la grazia liberatrice.
1172. (Serm. 175,1). Maestro di umiltà con la parola e con le opere: sempre infatti con la parola non cessò mai dall’inizio della creazione di insegnare agli uomini l’umiltà per mezzo di angeli, di Profeti; anche con il suo esempio si è degnato insegnarla. Venne umile il nostro Creatore, creatura in mezzo a noi, egli che ha creato noi, egli che fu creato per noi: Dio prima del tempo, uomo nel tempo, per affrancare l’uomo dal tempo. Medico infallibile, venne a guarire il nostro tumore. Dall’oriente all’occidente il genere umano giaceva simile a un grande malato e reclamava il Medico infallibile. Un primo tempo, questo Medico inviò i suoi aiutanti, e in seguito, venne egli stesso, quando alcuni avevano perduto ogni speranza. A quel modo che un medico manda i suoi assistenti nel caso di un compito facile e, sopraggiungendo un aggravamento pericoloso, interviene personalmente, così l’umanità, immersa in ogni sorta di vizi, era oppressa dalla minaccia di un pericolo mortale che scaturiva soprattutto dal fomite della superbia: egli venne appunto a guarire proprio la superbia con il suo esempio. Vergognati di essere tuttora superbo, uomo; per te Dio volle essere umile. Molto Dio si sarebbe umiliato, se soltanto fosse nato per tuo amore: si è degnato persino di morire per te. Egli dunque era sulla croce nella sua umanità, quando i Giudei persecutori scuotevano il capo dinanzi alla croce e dicevano: Se è il Figlio di Dio, scenda ora dalla croce e gli crederemo 23 . Ma egli si manteneva nell’umiltà, per questo non scendeva: non aveva perduto la potenza, ma dava prova di pazienza. Infatti, riflettete appunto agli effetti del suo potere e notate quanto sarebbe stato facile discendere dalla croce a lui che ebbe il potere di risorgere dal sepolcro. Ma a te si doveva dar prova di umiltà, a te prova di pazienza; se non te ne veniva data prova, non ti si poteva comandare, ma, se con le parole si doveva imporre come legge, doveva essere presentata e raccomandata con l’esempio.
1173. (De pecc. mer. et rem. I 26,39). Diventerebbe troppo lungo se dedicassimo altrettanto tempo e spazio a discutere le singole testimonianze. Perciò credo che sia più pratico ammucchiare insieme i molti testi che possano offrirsi o che sembrino sufficienti a dimostrare che il Signore Gesù Cristo non per altro fine è venuto nella carne e, presa la natura di servo, si è fatto obbediente fino alla morte di croce 108 se non per vivificare, salvare, liberare, redimere, illuminare con questa somministrazione di grazia misericordiosissima tutti coloro dei quali, ammessi a vivere come membra nel suo corpo, egli è Capo per la conquista del regno dei cieli.
1174. (Serm. 174 7,8). Perché è venuto nel mondo? E’ venuto nel mondo per salvare i peccatori 26. Non c’è stata altra causa per cui dovesse venire nel mondo. Non lo hanno attirato dal cielo alla terra i nostri buoni meriti, ma i peccati. Questa è la causa per cui doveva venire: a salvare i peccatori.
1175. (En in Ps. 36 s.2,15). Se tu, o uomo, non avessi abbandonato Dio, Dio non si sarebbe fatto uomo per te.
1176. (En in Ps. 109,12). Difatti, il pane degli Angeli era in principio il Verbo; eppure, perché l’uomo potesse mangiare questo pane degli Angeli, il Creatore degli Angeli si è fatto uomo 40. In tal modo il Verbo incarnato si è fatto capace di esser ricevuto da noi: cioè noi non l’avremmo potuto ricevere, se il Figlio, che è eguale a Dio, non si fosse annientato, assumendo la natura di servo, fatto a somiglianza degli uomini e all’aspetto ritrovato come uomo 41.
1177. (Enchir. 56). L’ordine corretto di questa confessione reclamava pertanto che alla Trinità fosse congiunta la Chiesa, come all’abitante la sua casa, a Dio il suo tempio, al fondatore la sua città. E la Chiesa dev’essere intesa nella sua totalità, non solo nella parte che è pellegrina sulla terra… ma anche quella che è eternamente in comunione nei cieli con chi l’ha fondata, né ha mai sperimentato il male di una sua caduta… mentre ora lo sono nel vincolo della carità, essendo stata tutta istituita per adorare l’unico Dio. Perciò né la Chiesa tutta intera, né una sua parte vuole essere adorata al posto di Dio, né essere Dio per chiunque appartenga al tempio di Dio,
1178. (En in Ps. 36 s.3,4). Tutti coloro che dall’inizio dei secoli furono giusti, hanno Cristo come Capo. Credettero infatti che sarebbe venuto Colui che noi crediamo essere già venuto; e nella fede di Lui sia loro che noi siamo stati salvati, in modo che Egli stesso sia il Capo di tutta la Città di Gerusalemme, ossia di tutti i fedeli esistiti dall’inizio fino alla fine, aggiungendo anche le legioni e gli eserciti degli angeli, al fine di costituire un’unica Città sotto un unico Re, e un’unica Provincia sotto un unico Imperatore, che sia felice in perpetua pace e salute, eternamente nella lode di Dio, e senza fine beata.
1179. (De civ Dei XIV 23,1). È assurdo pensarlo. Si deve piuttosto ritenere che il numero degli eletti richiesto per costituire la città santa, anche se nessuno peccava, sarebbe stato eguale a quello che ora, per la grazia di Dio, si seleziona dalla moltitudine dei peccatori fino a che le creature esistenti nel tempo generano e sono generate 149.
1180. (De praed. sanct. 15,30-31). C’è anche quel lume splendidissimo di predestinazione e di grazia che è il Salvatore stesso, il Mediatore di Dio e degli uomini, l’uomo Cristo Gesù 116…. Come dunque fu predestinato quell’Unico ad essere il nostro capo, così noi nella nostra moltitudine siamo predestinati ad essere le sue membra.
1181. (De corr. et gr. 11,29). E allora? Adamo non ebbe la grazia di Dio? Anzi al contrario l’ebbe e grande, ma diversa. Egli si trovava fra i beni che aveva ricevuto dalla bontà del suo Creatore; infatti quei beni nei quali egli non subiva alcun male, non se li era procacciati con i suoi meriti nemmeno lui. Invece i santi, ai quali è diretta questa grazia della liberazione, in questa vita si trovano tra i mali, e perciò gridano a Dio: Liberaci dal male 96. Egli in quei beni non aveva bisogno della morte di Cristo; questi invece sono sciolti dal reato sia ereditario sia loro proprio dal sangue dell’Agnello.
1182. (De gen ad litt. IX 19). Dovremmo quindi comprendere che a causa dell’estasi avuta in precedenza da Adamo, questi poté proferire quelle parole come profeta ispirato da Dio.
1183. (De corr. et gr. 10,28). Infatti egli non avrebbe potuto essere beato neppure nel paradiso terrestre, anzi non avrebbe potuto nemmeno starci, lì dove non si conviene essere infelici, se la prescienza della sua caduta con il timore di un male tanto grande lo avesse afflitto.
1184. (De cons. ev. I 35,53). Per venire incontro a noi mortali,… è stato disposto dalla divina Provvidenza che la stessa Sapienza di Dio assumesse l’umanità nell’unità della sua persona e in questa umanità nascesse nel tempo,… diventando anche quaggiù per gli uomini modello per tornare [alla patria], egli che in cielo per gli angeli è modello di stabilità [nella gloria]